Taoismo e naufragio dell'io


Alla fine la natura di ognuno, per quanto spigolosa, riluttante, inquieta, fallata, esiziale che sia, rimane sempre una furia indomabile che continua a scalciare imbizzarrita nonostante i più robusti recinti. Che continua a sbraitare anche quando sembra domata, nel languore del proprio amaro silenzio. 

Rimane un focolare eternamente vivo, nonostante la cenere e il forte vento del nord, sempre pronto a divorare ciò che vanamente tenta di contenerlo. Che siano le briglie dell'amore, la sconfinata libertà delle immense praterie, o qualsiasi ottimo proposito di ciò che i filosofi definiscono come coscienza, la natura di ognuno resta fondamentalmente intaccabile, narcisisticamente esistente, ferocemente onnipresente, fatalmente invadente come un istinto primordiale di sopravvivenza. 

In nuce restiamo anche noi come quelle api che sembrano altruiste quando si sacrificano per difendere la propria comunità, laddove in realtà sono solo geneticamente determinate per assicurarsi la fitness della propria specie. 

Avevano ragione i taoisti: anche senza fare nulla, la natura alla fine emerge dirompente come un'onda fatale di un mare in tempesta che porta inesorabilmente al naufragio.

Stefano Andreoli




Commento di  Riccardo Celani: "Per dirla senza fronzoli "l'io non è padrone in casa propria". Per quanto alte e robuste siano le mure, ci sarà sempre un falla dalla quale la parte di noi che più temiamo riuscirà ad aprire una breccia."

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