La legge del contrappasso e le "eterne" sirene dell'illusione



La fiaba è molto nota, e come si sa narra di una cittadina assediata dai ratti, di cui non si riusciva a trovare il modo di sbarazzarsi. Compare uno straniero che, dietro compenso, si offre di risolvere il problema. Il borgomastro (siamo in Germania) accetta, e detto fatto, l'individuo, suonando il suo flauto, attira a sé tutti i topi e si fa seguire da loro fino al fiume, dove i roditori annegano in massa. A questo punto i cittadini di Hamelin non ne vogliono sapere di pagare il pifferaio, e questi, per vendetta, sempre suonando il flauto, attira a sé tutti i bambini del paese e anch'essi annegano nel fiume. 

Come la maggior parte delle fiabe, almeno quelle più note e significative, anche questa storia nasconde sotto le apparenze ingenue un senso molto più profondo.


Va precisato innanzitutto che le fiabe non sono nate come storie di intrattenimento infantile, ma sono una sorta di memoria storica,alla pari dei miti, non di eventi propriamente detti, ma piuttosto di situazioni archetipiche, di eventi della psiche collettiva. Esse, proprio come i miti,si avvalgono del linguaggio simbolico, che dice senza dire;, o meglio travisa i suoi significati dietro parabole, o metafore,in maniera da colpire nel segno in modo diretto,non mediato dal processo logico-razionale, ma facendo appello all'intuizione. Insomma, il linguaggio "fatato" o mitologico" si rivolge direttamente all'inconscio e alla parte immaginativa dell'uomo, rispondente all'emisfero destro del cervello. In tal senso,come disse il filosofo platonico Damascio nel IV secolo riferendosi ai miti, "queste cose non sono mai successe, eppure accadono sempre" indicando così una modalità atemporale delle storie mitiche, e al tempo stesso il loro eterno presente, la loro perenne attualità, in quanto ricalcano modelli di pensiero e di vita ricorrenti nell'umanità. Come disse il Principe di Salina nel libro "Il Gattopardo", riferendosi alla realizzazione del'Unità d'Italia e all'incorporazione del Regno delle Due Sicilie da parte del Regno di Savoia : "le cose devono cambiare per poter rimanere le stesse". Ma questo è un altro discorso.


Per tornare al nostro pifferaio, quali significati possiamo ricavare da questa storia così insolita anche a livello delle fiabe, che in genere propongono elementi sempre ricorrenti?


Posso offrire una possibile interpretazione mia personale e soggettiva.


Secondo me il pifferaio rappresenta un po' la nemesi dell'umanità, o meglio i due possibili atteggiamenti di fronte agli eventi e alla storia : una specie di bivio. Scegliendo una determinata prospettiva, si viene liberati dal "male"-passatemi questo termine banalotto. I ratti che fanno?Mangiano il cibo degli uomini, quindi,in un certo senso, lo alienano dalla sua vera vita, lo privano del giusto nutrimento, quello dello spirito in primis. Ed ecco che appare il pifferaio-ossia,un evento, una corrente di pensiero, un atteggiamento possibile verso la vita; seguendo il quale ci si libera dei problemi, si è affrancati da un peso. Ma la reazione della gente, nella fiaba come nella vita, è di seguire la linea opposta,cioè scegliere la materia: non vogliono sganciare i quattrini, in altre parole non vogliono rinunciare ai propri agi e a ciò di cui invece - se avevano promesso di darlo è perché potevano permettersi di farlo - possono fare a meno, ed è il prezzo da pagare per essere alleviati dai problemi (in questo caso i topi, ma nella vita comune tutti quei "vampiri energetici" che succhiano tempo e forza vitale).


Ed ecco il secondo atteggiamento: poiché il prezzo da pagare non è stato corrisposto, il pifferaio- cioè l'evento, o la corrente di pensiero, quale che sia - che fa leva sulla coscienza collettiva, si mette a trainare il "bambino" dentro di noi per portarlo alla propria distruzione: leggi le varie mode passeggere, come la posizione mentale nei confronti di certi fenomeni o realtà (inutile fare un elenco, ma si può solo fare un esempio prendendo le mode di abbigliamento o di arredamento o anche i modelli delle automobili: quello che cinquant'anni fa era il non plus ultra adesso fa ridere i polli. Così come il concetto di bellezza femminile: un centinaio di anni fa la donna opulenta, giunonica, era considerata l'ideale,mentre oggi bisogna che siano filiformi o giù di lì (Ventre rigorosamente piatto. Ma volte mettere una certa rotondità proprio lì?). 

Mutatis mutandis. Alla stessa stregua molte certezze e valori di base dell'uomo, indipendenti dalle mode o dagli atteggiamenti mentali delle varie maggioranze, vengono oggi messi in discussione dai vari pifferai moderni, tanto che all'uomo viene sottratto -per sua stessa acquiescenza - ogni saldo punto di riferimento della coscienza per metterlo in balia di ogni venticello, che li trascina nella corrente del transeunte, del contingente, della mutevolezza insipida e superficiale. E' indiscutibile che in tutte le tradizioni spirituali questo atteggiamento ondivago è considerato "out", poiché ciò che vale realmente è ciò che, alla prova del tempo, rimane invariato ("antiche come la montagne" diceva Gandhi). Ma i bambinoni - o bamboccioni - di sempre e come sempre si fanno abbindolare da qualsiasi musica ciarlatanesca.... e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Bella civiltà, no?

Simon Smeraldo

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