Società e psiche collettiva - Bisogni religiosi e consapevolezze laiche



Nei miei credo non è contemplata la incarnazione o la reincarnazione ma sono  cosciente che le religioni impartiscono leggi comportamentali. Io non mi preoccupo affatto del percorso altrui ma solo della mia crescita. Ho però bisogno degli altri per poter vedere me stesso.  Ritengo  che solo l'esempio può essere di vero aiuto per gli altri e senza modestia credo di aver influenzato molte persone. So che non debbo giudicare perché non ne ho le capacità  né il diritto.

Ho riflettuto  sul motivo per cui le religioni sono venute in essere e ho sentito che la maggior attrattiva delle religioni da parte delle popolazioni più sofferenti è la loro ricerca di un aiuto esterno che soddisfi il  loro bisogno di una logica per accettare le loro disgrazie. Ma secondo me facciamo parte di un tutt'uno dove siamo alla pari con il sole che sorge ogni mattina o il freddo d'inverno e il caldo d'estate. In fondo la religione è più un fatto individuale,  ed  anche un modo di aggrapparsi alle proprie radici culturali e cosi sentirsi più sicuri.

Roberto Anastagi

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Mie  considerazioni: 

Vorrei specificare che incarnazione è altra cosa di reincarnazione. Secondo un filone buddista, che prediligo, esiste solo una massa psichica (inconscio collettivo) che contiene tutte le tendenze mentali vissute o  vivibili durante l'esistenza da tutti gli esseri senzienti. La scintilla singola si definisce incarnazione. Alla morte della persona l'energia individuale si fonde con l'universale. Ma le tendenze innate incompiute si aggregano in un grumo (programma) che attira la coscienza verso nuove incarnazioni. Insomma non è la stessa anima che si reincarna... ma le pulsioni psichiche che cercano nuove soluzioni evolutive. Il problema è che durante la vita l'anima, intendendo la coscienza individuale,  si identifica con il corpo mente e di conseguenza ritiene che il processo evolutivo vissuto le appartenga, al contrario tale processo di apparizione nel manifesto è del tutto automatico (causa effetto). I cosiddetti "altri" sono solo sembianze di noi stessi  riflesse nel nostro specchio mentale. Considera in ogni caso che tali "elucubrazioni" non hanno valore dal punto di vista della consapevolezza non duale assoluta, ma disquisendo nell'ambito relativo possono aiutarci a distaccare la nostra coscienza dal processo del divenire...  

Paolo D'Arpini  

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Commento di  Franca Oberti: "Noi ci diciamo pacifici, libertari, rispettiamo l'idea degli altri, ma restiamo fermi nelle nostre convinzioni e a volte ci arrocchiamo nei nostri credo. Forse è proprio questo che tiene in scacco tutto il mondo, l'idea di non saperci lasciar andare e abbandonarci a qualcosa di inspiegabile, invisibile, insondabile. Non riesco mai a dare risposte convinte a nessuno dei vostri interventi, mi limito a segnalarvi il mio pensiero, il mio sentire e ogni tanto qualcuno mi fa capire che prova le stesse sensazioni, e questo mi entusiasma, perché trovo una parte del mio DNA in giro per il mondo, uno scambio di vita passata, qualcosa che ci accomuna. Perché noi tutti, alla fine, cediamo qualcosa di noi, lasciamo impronte infinitesimali che altri raccoglieranno e questo, secondo me è parte dell'Uno, quell'Uno che tanti di noi continuano a negare e dichiarano che "contenti loro contenti tutti". Invece, come dice Paolo, noi ci rispecchiamo negli altri e talvolta vediamo il nostro negativo, a volte scopriamo una sorella, un fratello passati, un nemico... ecco le tante interazioni, inimicizie e amicizie. Ogni volta che nella nostra mente si crea un pensiero, è già patrimonio di tutti; a cosa servono i brevetti, i diritti riservati... ci sarà sempre qualcuno che riceve le nostre frequenze e noi non possiamo farci niente, fa parte dell'evoluzione della specie, e che specie! Potremmo essere dei e invece siamo ancora diavoli!"

Maschile e Femminile e l'incontro nell’umana congiunzione!


Collage di Vincenzo Toccaceli

Il femmineo (e la sua simbologia) è mutato radicalmente nel corso dei secoli. Nella remota antichità il femminile era rappresentativo di un potere creativo assoluto e totale. Tutte le divinità si mostravano in aspetto femminile od in forme che evocavano tale qualità, a cominciare dalla Grande Madre, la natura stessa, sino a Madre Acqua, Madre Luna ed anche Madre Sole, etc. (la formula sacra più antica, il Gayatri Mantra, è dedicato a Savitri, la dea dell’energia solare).
Le donne in quanto incarnazione primigenia del potere procreativo erano pertanto degne di amore e di devozione. La paternità era “sconosciuta” (ovvero ignorata), la madre esisteva di certo e questo era un dato incontrovertibile… Come poi l’operazione procreativa accadesse era lasciato agli umori materni che venivano influenzati o sollecitati dall’amore rivolto dai maschi verso tutte le madri. 
Insomma il padre era un semplice elemento ispirante per promuovere la maternità, non un fattore primo ma un incidentale aiuto….
Questo sino ad un certo punto, finché non cambiarono pian piano le cose e le responsabilità nelle funzioni creatrici si rovesciarono. Ma non avvenne tutto assieme, questo andamento evolutivo dal matrismo al patriarcato prese secoli e secoli per consolidarsi. Gli studi dell’archeologa lituana Gimbutas tendevano proprio a dimostrare l’esistenza di un lunghissimo periodo di transizione fra matrismo e patriarcato. Sicuramente gli “autori” del patriarcato nacquero sulle sponde dell’Indo, la civilizzazione più antica sulla faccia della terra (antecedente ai Sumeri ed agli Egiziani di migliaia di anni), in quel “paradiso terrestre” avvenne il riconoscimento del valore della paternità come fattore “portante” e di conseguenza come elemento stimolativo per una nuova religione e mitologia. Ma il processo anche qui fu lento, dovendo giustificarsi con fatti sostanziali che ne garantissero l’accettazione per mezzo di consequenzialità storica e di significati allegorici.
Avveniva così ad esempio nella mitologia induista in cui Parvati, la Dea primordiale crea da se stessa un figlio che la protegga dall’arroganza dei maschi che servivano Shiva, il suo sposo. Questo suo figlio, Ganesh, è talmente potente che è in grado di impedire l’accesso alla camera della madre a Shiva stesso (perché non aveva chiesto il permesso di avvicinarsi, notate bene questo particolare importante in cui si garantisce alla madre il diritto di scelta nel rapporto). A questo punto Shiva invia le sue truppe maschili all’attacco di Ganesh ma tutti i suoi “gana” vengono sconfitti e Shiva medesimo vien lasciato con un palmo di naso ed infine è solo con l’inganno e chiedendo aiuto all’altro dio maschile, Vishnu, definito il conservatore, che riesce a sconfiggere Ganesh… ma non fu una totale debacle…. poiché poi, per amore di Parvati, Shiva accetta di essere padre, ovvero riconosce che Ganesh è suo figlio e lo ristora alla vita, cambiandogli però testa… (ed anche qui notate le simbologie connesse…).
Questa descrizione fantastica la dice lunga sul significato della trasformazione epocale in corso 15.000 anni prima di Cristo…. Molto più tardi, ma sempre in un ambito di civiltà indoeuropea, vediamo addirittura che è il dio maschile a creare da se stesso. Ed è quanto avviene a Giove che, non aiutato dalla consorte, produce dal proprio cervello Minerva. I tempi a questo punto son già mutati, il patriarcato ormai impera sovrano, le donne sono fattrici (od etere buone solo a passare il tempo), persino l’amore, quello vero e nobile, si manifesta fra maschi (vedasi la consuetudine di tutti i maestri greci di avere ragazzini per amanti). In quel tempo la condizione femminile era alquanto scaduta ed in Europa od in Medio Oriente restavano sacche di resistenza solo qui e lì.
Ad esempio nella tradizione giudaica la trasmissione della appartenenza al “popolo eletto” avveniva (ed è ancora oggi così) per via materna, ultimo rimasuglio matristico in mezzo ad una serie di regole molto patriarcali e misogine. Tale misoginia fu assunta –in modi differenti- anche dalle altre due religioni monoteiste:  il cristianesimo e l’islamismo. Nell’islamismo però, malgrado la visione della donna in chiave di sudditanza, si salvò il criterio di bellezza e nobiltà dell’amore sensuale, infatti il profeta Maometto ebbe diverse mogli e persino il suo paradiso era riempito di belle donne accoglienti. Questo almeno consentiva un naturale intercourse di rapporti fra i due sessi. 
Purtroppo non avvenne la stessa cosa nel cristianesimo ove prevalse, anzi peggiorò, la misoginia originaria ebraica. Se nell’ebraismo la divinità, sia pur vista in chiave di “dio padre”, manteneva un distacco verso le cose del mondo, essendo un dio non rappresentabile e puro spirito, nel cristianesimo per poter giustificare la divinità del “figlio” si cancellò completamente il ruolo creativo della madre. Maria concepì vergine dallo spirito santo, la sua è una prestazione completamente passiva e deriva da una scelta del dio padre di impalmarla e renderla madre. Insomma la povera Maria è equiparabile ad una “prostituta” spirituale.
Da questa visione deriva anche la ragione cartesiana pseudo scientifica che indica la natura come passiva, inerte e pure stupida… Insomma lo spirito maschio “infonde” la vita e la “buona” madre porta in grembo quanto le viene concesso di portare….
Capite da voi stessi che tale proiezione è ormai improponibile ed obsoleta, sia pur che la maggioranza degli uomini ancora vi si crogiola, illudendosi con favole religiose ed ideologiche della “superiorità” maschile, della “superiorità” dell’intelligenza speculativa scientifica, della “superiorità” del potere e della forza. Così non si fanno passi avanti nell’evoluzione della specie. E’ ovvio che entrambi questi aspetti, matrismo e patriarcato, hanno avuto una loro funzione storica per lo sviluppo delle “qualità” della specie umana. Ora è giunto il tempo di comprenderne la totale complementarietà e comune appartenenza, ma non per andare verso una specie unisex, bensì per riconoscere pari valore e significato ad entrambi gli aspetti e funzioni…. in una fusione simbiotica.
Anche se… diciamola tutta… il femmineo avrà sempre la mia riconoscenza e rispetto ed amore devoto, poiché merita di essere “prediletto” per la sua specialità… Purché rinunci a satana ed alle sue pompe, ovvero all’uso indirizzato e furbo di tali buone qualità..!

Paolo D’Arpini


Lao Tze, I Ching ed il "ritorno" all’Assoluto non-duale


Secchio taoista - Collage di Vincenzo Toccaceli


“La verità non può essere perseguita, è sempre presente e manifesta, altrimenti non sarebbe verità ma semplice descrizione. E la descrizione non è mai la sostanza…” (Saul Arpino)

L’idea del “ritorno”, che costituisce uno degli elementi di primaria importanza nel Tao-te-king, affiora già nel Libro dei Mutamenti (I Ching).
Sotto l’esagramma Fu si legge: “Ritornare é pervenire al Tao..”.
Un commento attribuito a Confucio dice: “La ragione del Cielo é abbagliante e si abbassa sino alla terra. La ragione della Terra é umile e si eleva al Cielo. La ragione del Cielo diminuisce ciò che é elevato ed aumenta ciò che é basso. Gli spiriti nuocciono a ciò che é pieno e fanno del bene a ciò che è vuoto. La ragione del Cielo detesta ciò che é pieno di sé ed ama colui che é umile. L’umiltà é onorata e splendente: essa si abbassa e non può essere sormontata, essa é il fine del saggio!”
L’esaltazione della semplicità, descritta nel Tao-te-king preesisteva a Lao Tze. Un moderno filosofo cinese, Lang-si-ciao ritiene che il “non agire” taoista corrisponda alla “semplicità” dell’I Ching.
Se Lao Tze rielaborò alcuni pensieri già esistenti nella Cina antica e si valse di essi come pietre per edificare la montagna di Golconda del suo sistema filosofico, non é però detto -come alcuni studiosi sostengono- che tali concetti provenissero dall’antica India… E’ vero che la filosofia Vedica  sembrerebbe la più antica elaborata dall’uomo, e le sue implicazioni influenzarono il pensiero metafisico del mondo conosciuto. Ma questo é ciò che appare in quanto tale ricerca del vero risulta “codificata” nella memoria e quindi si fa riferimento ad essa come ad una “fonte”. Personalmente sono dell’opinione che sia il Taoismo che il Vedanta, entrambi di natura non-dualistica, fiorirono spontaneamente per logica propria.  Simili sistemi trovarono luce non solo in Cina ed in India ma pure in Europa, in Asia minore, in Africa e nelle Americhe. Tutto avvenne  a partire da quel periodo di “Fioritura Culturale” che potrebbe essere indicato nella fine del neolitico, con la scoperta dell’agricoltura e quindi dell’aumento delle risorse alimentari disponibili, che facilitarono lo sviluppo del pensiero  analitico concettuale ed artistico, ed è contemporaneo alla scoperta della scrittura. Alcune immagini non dualistiche sono riconoscibili, ad esempio,  nel pensiero ebraico  con “Io sono quell’Io sono” o nella filosofia presocratica…. con il concetto del “Tutto” che continuamente si svolge in se stesso.
Insomma inutile cercare ove il pensiero originale dell’Assoluto, “che tutto comprende e da cui tutto é originato ed a cui tutto ritorna” (inteso come superamento del teismo personale), sia apparso per la prima volta… si può invece supporre che tale filosofia sorga all’interno di varie famiglie umane, nel momento in cui la raffinatezza del pensiero raggiunge un culmine.
“Tutto é uno e perfetto in se stesso”, affermano le Upanishad dell’India ed il perseguire il “perfezionamento” è solo la proiezione di un  concetto basato su un altro concetto… la verità è qualcosa di molto semplice….

E per finire un’invocazione di Chuang-tze:
“Mio Maestro, mio Maestro, tu che distruggi senza essere cattivo! Tu che edifichi senza essere buono! Tu che fosti prima dei tempi e che non sei vecchio! Tu che copri tutto come il Cielo, che porti tutto come la Terra, che sei autore di tutto senza essere abile.. Comprenderti così, ecco la gioia celeste. Sapere che io sono nato per la tua influenza, che alla mia dipartita rientrerò nella tua Via, che riposando comunico allo Yin la tua modalità passiva, che agendo comunico allo Yang la tua modalità attiva: ecco la felicità suprema… L’azione dell’Illuminato si confonde con l’azione del Cielo, il suo riposo col riposo della Terra. Il suo saldo Spirito domina il mondo!”
Paolo D’Arpini     

Shoah, sogno o memoria? - Una verità un fotogramma una storia un’opinione una visione…?

“La verità non può essere né affermata né perseguita che altrimenti non sarebbe più vera ma solo un’immagine (un fotogramma una storia un’opinione una visuale). La verità è sempre e non in un momento particolare od in una condizione spaziale” (Saul Arpino)



Paolo, ti scrivo e non per dirti come sto, ma per qualcosa di ben più importante….Un tarlo che mi rode dentro e che rischia di consumarmi, se non lo caccio fuori!   Ho letto il tuo articolo  (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/10/19/olocausto-shoah-stabilito-per-legge-secondo-riccado-pacifici-e-pareri-altri/circa la verità sull’Olocausto e la necessità di approfondire, con studi e ricerche, quella che oggi si definisce “verità storica” e complimentarmi con te per il contenuto del tuo scritto. Sei figlio della liberté, egalité et fraternité e non hai contribuito tu, in nessun “campo” di indagine, a coprire, né con menzogne né con interessi di parte, quella che è la “verità”…….

Io non mi convertii al cristianesimo; preferii morire da ebreo, perdendo tutto, a partire dai miei familiari. Credevo si potesse risolvere tutto col denaro, credevo si potessero comprare gli uomini e la loro coscienza, la libertà e in ultimo la sopravvivenza. Mi sbagliavo. E con la memoria di questa mia vita karmica, conclusasi tragicamente, ho ben pensato, nell’attuale, di confondermi nella massa, aderendo ad una fede che predomina nel “mondo” in quello governato dall’uomo e che tanto piace al Dio denaro. Debbo invero ammettere però che ci sono delle qualità, ovvero “perversioni” come “doti” (dipende se si sviluppano verso l’elevazione o degradano verso la bassezza gli accenti che compongono l’animo umano) che non solo non hanno limiti, ma non hanno prezzo, soprattutto.

E mi viene da chiederti e chiedermi se possa, in effetti, esser rintracciata in qualche modo questa “verità”!! Se si parte dal presupposto che ognuno ha la sua, come si può arrivare a stabilire un “comune sentire”? La Storia insegna, da gran maestra qual è, ma cosa insegna, a ciascuno resta di interpretare e comprendere per poi assimilare.

Come si può catalogare la Storia come “materia scientifica”? Bastano forse archivi e fatti che comprovano gli eventi a definire una “materia” che tratta di vicende umane e non solo, “scientifica”? Nel tuo articolo citi Galileo Galilei, e ne porti l’esempio e soprattutto ricordi quale posizione la Chiesa prese nei riguardi di quell’uomo che osò sfidare le conoscenze sino allora acquisite e considerate l’unica verità possibile. E sottolinei con cura l’odierno atteggiamento che il Vaticano ha assunto sulla “vicenda” dell’Olocausto e sulla necessità di evitare di fare una legge, che suonerebbe “censoria” nei confronti dei cosìdetti “negazionisti”….. A conferma che la Storia insegna, eccome se insegna! Ma solo a chi ha buona volontà d’apprendere e appropriarsi della “lezione ricevuta”….

Ho intenzione di sviscerare questo “fatto” o forse sarebbe più consono definirlo “accadimento” se si vuole restare in ambito “storico” e trovarne similitudini nel più complesso argomento legato alla Shoah che tanto ancora fa discutere ( e tanto ancora farà): due persone si alleano per creare insieme un’opera, una strategia, un percorso, una magia oppure soltanto per potersi guardare serenamente negli occhi. Due nazioni si alleano per interesse reciproco, per difendersi da un colosso che le minaccia, per vicinanza di idee e intenti. Tutti gli altri certo non stanno solo a guardare ma interagiscono, a volte separatamente con uno solo dei membri che formano la “coppia alleata” a volte con la coppia stessa.

Come si può stabilire il concetto del “vero” e soprattutto del “giusto” se i fatti riportati sono frutto delle esperienze e delle esigenze “personali” o se si preferisce “individuali” e dunque mancano del tutto di “obiettività”?

Una volta dicesti che ciascuno di noi è il centro di se stesso e in base al proprio metro giudica e misura fatti e persone; (non usasti questi precisi termini ma il concetto che esprimesti ritengo sia sostanzialmente riportato correttamente) la conseguenza “logica” che ne deriva è che uno stesso fatto può esser vissuto, e quindi interpretato, in maniera affatto diversa, a volte addirittura in modo contrapposto, dai soggetti che ne sono coinvolti.

(… omissis…)

C’è da aggiungere che le circostanze alle quali è necessario adeguarsi non sono solo frutto di una combinazione esterna “casuale” ma anche della volontà degli altri soggetti coinvolti. Come si può, dunque, stabilire la “verità” se essa è appunto una risultante di tante componenti, tra cui la propria percezione?

Se non ci fosse stato l’Olocausto, non sarebbe esistito lo Stato di Israele; se non ci fosse tanta insicurezza, bisogno di attaccamento e conseguente invidia, non ci sarebbe neanche tanto dolore che conduce solo ad altro dolore…..

Gli ebrei non sono solo Israeliti; lo Stato di Israele non è identificabile (né dovrebbe esserlo) con gli ebrei, popolo errabondo, profondamente saggio e religioso, e che ha da sempre insegnato ai “gentili” cosa sia la razza, la radice, il “comune sentire” perché senza una terra, senza una patria e senza una “dignità” non si sono mai né persi né dispersi. Hanno qualcosa da insegnare anche a noi, compagnia sgangherata di ventura, che non ha saputo restare unita in tempi di grazia, figurarsi in tempi di dis-grazia!

La Storia la scrive chi la vince; “La Storia siamo noi” canta De Gregori; facciamola, cercando sempre d’esserne i protagonisti, senza cercare necessariamente di trarne “lezioni” che poi costringiamo ad apprendere a chi viene dopo, perché le uniche lezioni che siamo chiamati ad apprendere riguardano noi stessi e la nostra coscienza. Amen

Angela Braghin

 
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Mia rispostina:

"E’ la memoria, sotto forma di samskaras o vasanas, che attira la coscienza e ne sorge un riflesso che noi chiamiamo “io”, o mente, ovvero un’immagine che assume la forma di agente e sperimentatore(Paolo D’Arpini)

La storia nasce dal clima... in passato come oggi



Il Clima ha sempre condizionato la vita su questo pianeta incidendo profondamente sull’evoluzione degli esseri viventi, dalle forme più elementari a quelle più complesse, come i mammiferi.

Gli uomini, attraverso la fase di ominazione che da ominidi li ha portati all'homo sapiens, si sono evoluti da gruppo occasionale, a tribù, fino a comunità organizzata, fino a giungere alla scoperta dell’agricoltura, dove sono nati i primi insediamenti urbani in luoghi dove esistevano condizioni di vita ottimali. Tutte le grandi civiltà dell’Uomo infatti sono nate e si sono sviluppate lungo i corsi d’acqua, le famose civiltà dei fiumi. Ricordiamo: La valle dell’Indo, Il fiume Giallo, il Tigri e l’Eufrate, il Nilo e il Tevere.

Il clima ostile con le sue avversità atmosferiche ha avuto un importante ruolo nella storia della civiltà umana. Vediamo insieme qualche esempio:

Nel 2400 a.C., a causa di una grande siccità e seguente crisi ecologica, intere popolazioni residenti nell’attuale Pakistan e India nord occidentale migrarono verso la Mesopotamia e verso l’Europa Centrale. Molti studiosi attribuiscono la presenza degli Achei, dei Celti e degli Etruschi e di altri popoli nelle terre che conosciamo proprio a causa di questo grande esodo causato da un clima avverso alla vita.

L’esplosione dell’isola vulcanica di Thera, attuale Santorino, avvenuta intorno al 1600 a.C., provocò su tutto il Mediterraneo un grande sconvolgimento climatico che si protrasse per oltre un decennio, ciò causò siccità e in altri casi alluvioni, obbligando popoli interi a fuggire dalle loro terre. Questa gente può essere identificata con il famoso popolo del mare di cui ne parlano storici greci e latini che tra il XIII° e XII° secolo a.C. causò il crollo del grande impero Hittita. Questo popolo disperato quanto feroce fu alla fine fermato e sconfitto dall’esercito egiziano guidato da Ramsette III.

Nel 9 d.C. tre legioni romane di Varo furono annientate dai barbari germani di Arminio perché intrappolate in una fitta foresta mentre una violenta tempesta disorientava i soldati romani.

Nel 1281 un tifone regalò ai giapponesi 700 anni di indipendenza. Alla metà di agosto del 1281 il famoso “Kamikaze”, ossia vento divino, bloccò l’invasione di Kublay Khan a poche miglia dalle coste giapponesi. Un violento tifone affondò tutta la flotta di Kubilay Khan: 3900 navi, la flotta più grande del Mondo fino ad allora, finì in fondo al mare.
Ancora una improvvisa e violenta tempesta salvò l'Inghilterra dall'invasione di un corpo d'armata francese imbarcato su una potente flotta. Nel 1744, il generale francese Maurizio di Sassonia tentò di attraversare il canale della Manica, con Carlo Edoardo Stuart pronto ad essere installato come re in Inghilterra, ma una violenta tempesta affondò gran parte dei vascelli della flotta. La Francia così abbandonò i suoi piani d'invasione e la Gran Bretagna restò libera.
Un clima inusuale, umido e caldo, sviluppò un fungo micidiale che devastò le coltivazioni di patata in Irlanda. Tra il 1845 e il 1849 questo paese conobbe la più terribile carestia della sua storia, con migliaia di morti per denutrimento e con emigrazioni di massa verso le Americhe.
Cosa dire poi delle vicissitudini degli eserciti napoleonici e italo-tedeschi alle prese con l’inverno russo?

Siamo arrivati ai tempi nostri e i capricci del clima che possono seriamente danneggiare le coltivazioni oggi si possono tamponare, esistono infatti meccanismi di controllo e di distribuzione delle derrate alimentari che possono evitare, ma questo solo nei paesi del nord del Mondo, situazioni come nell’Irlanda del 1845. L’aumento della popolazione del pianeta però gioca un ruolo destabilizzante in questo meccanismo, soprattutto se si somma con il fenomeno del Global Change e del Global Warming. Infatti la dove la popolazione del Sud del Mondo tende ad aumentare in maniera esponenziale, anche siccità e carestie aumentano inesorabilmente. Può accadere pertanto quello che avveniva migliaia di anni fa: esodi di gente disperata verso luoghi più ospitali e ricchi. Una situazione che oggi ancora non è esplosa del tutto, ma se le condizioni di sopravvivenza nei PVS dovesse ancora peggiorare, allora avverrà con una dirompenza epocale che travolgerà soprattutto paesi di frontiera come l’Italia. In tutto questo oltre a far saltare le economie occidentali già in crisi, inevitabile sarà il dilagare del fondamentalismo religioso islamico, con tutti i problemi che già conosciamo. 

Ma l’aspetto che più preoccupa l’OMS è il ritorno di malattie dimenticate come la malaria, il vaiolo, la peste ed altre pandemie che le cronache del passato ci hanno sempre fornito con dovizie di particolari.

Questi sono i rischi alla salute per un mescolamento di popoli e di comportamenti che prevediamo per il futuro, ma già adesso dobbiamo segnalare che per il fenomeno della tropicalizzazione del Mediterraneo, molte malattie sconosciute e dimenticate sono giunte da noi. Le prime vittime sono gli animali, tutti ricorderanno la strage di ovini sardi colpiti circa dal morbo della lingua blu, una malattia endemica africana che noi abbiamo conosciuto da poco e che i nostri animali, non avendo le difese immunitarie dei cugini africani, ne sono diventati facile vittime. 

La lingua Blu, Blu Tongue per i tecnici, è una malattia virale veicolata da ditteri come zanzare e flebotomi (pappataci) che in passato per motivi di clima non si spingevano oltre la Tunisia. Sono poi i flebotomi che dal sud dell’Italia, grazie al riscaldamento dell’atmosfera, sono giunti fin sotto le Alpi trasmettendo soprattutto ai cani malattie letali come la lesmaniosi.

Un fastidio, legato al riscaldamento globale che tutti noi stiamo subendo da qualche anno è la zanzara tigre. Questo è un insetto di origine asiatico giunto da noi sulle navi che trasportavano pneumatici dalla Corea e dal Vietnam. Più piccola delle zanzare nostrane, ma molto più aggressiva punge anche di giorno. E’ nera con striature bianche su zampe e addome. Si riproduce nell’acqua stagnante che si forma nei sottovasi, in piccoli invasi e nei chiusini. Rispetto alle punture delle nostre zanzare, quelle di questo dittero infernale danno bruciore e prurito che può durare fino a quattro o cinque giorni. Al momento queste zanzare non trasmettono, per fortuna, le malattie endemiche dell’Asia, ma con la tropicalizzazione del Mediterraneo la stessa OMS teme per il futuro situazioni a forte rischio salute anche da noi.

Questi sono i rischi sanitari dovuti ai cambiamenti climatici, ma anche alla globalizzazione. Malattie dovute all’inquinamento dell’aria già esistono da tempo nei Paesi occidentali, Italia compresa, quasi tutte sono patologie del progresso tecnologico, tra queste: le allergie, le affezioni broncopolmonari, i tumori in particolare quelli dei polmoni, senza parlare poi delle malattie della psiche, tra le quali primeggia ed è in forte ascesa la depressione.

Dermatiti e patologie più gravi della pelle, come i melanomi, sono invece dovuti in gran parte alla diminuzione dello strato di ozono nell’atmosfera che non ci protegge più come una volta dai raggi ultravioletti, in particolare quelli UVB, provenienti dal Sole.


Questo è il quadro attuale, ma per il futuro? 

Purtroppo la situazione si evolverà in peggio. Stando alle ultime proiezioni presentate dagli scienziati si prevede una estremizzazione dei fenomeni meteorologici, con conseguente degrado dell’ambiente e,quindi: lunghe siccità, incendi di foreste sempre più estesi, alluvioni catastrofiche e frane, il tutto a danno dell’incolumità delle persone e dell’economia nazionale e mondiale. Gli interventi urgenti contro i danni dovuti alle tempeste e alluvioni in questi ultimi anni sono aumentati quasi in proporzione geometrica. 

Si è passati da un evento catastrofico ogni due o tre anni causato da fenomeni meteorologici estremi, vedi l’alluvione di Firenze del 1966, a quattro o cinque eventi ogni anno. Tutto questo ha dei costi, non solo in vite umane, ma in soldi. Buona parte delle risorse di un Paese come l’Italia, dall’economia già disastrosa, finiscono per pagare i danni a cose, animali e persone causati da questi eventi calamitosi. 

Vengono così sottratte ogni anno risorse destinate al sociale e alla qualità della vita. E' questa ormai una situazione concretizzatasi sul nostro pianeta e i grandi economisti e politici che ci gestiscono dovrebbero valutarla attentamente ..... altrimenti saranno guai seri nel prossimo futuro.

Ennio La Malfa

Altruismo a sprezzo della propria vita... il caso del tirolese Andreas Hofer


Un episodio della vita di Andreas Hofer, molto singolare e sconosciuto ai più, si svolge ad Ala, allora ultima Città del Tirolo storico. Ala vede il passaggio dell’eroe tirolese il 2 febbraio 1810 quando, scortato dai Francesi, sosta a Palazzo Taddei nel centro storico. Questo importante edificio, recentemente acquistato dal Comune e in fase di restauro, conserva ancora la stanza dove Hofer dormì e compì un atto di pietà, poi ricordato dal sacerdote Antonio Bresciani Borsa, allora poco più che bambino.
Una volta divenuto adulto, in una delle sue opere e precisamente nel Sopra il Tirolo TedescoLettere del P. Antonio BrescianiD.C.D.G. estratte dal tomo IX… (Soliani Tipografi, Modena, 1840; Biblioteca Comunale di Ala), Bresciani riporta i ricordi di quella giornata, quando spiò Hofer prigioniero mentre recitava il rosario. Così racconta:
«Quel martire della patria e della fede Andrea Hofer, detto volgarmente dai tirolesi italiani il barbone. Io il vidi quando, spenta già la rivoluzione contro i Bavari, quel fellone di suo amico il diede per tradimento in mano à Francesi, e scendea dal Tirolo alla volta di Mantova. Comandava in Ala, ov’io dimorava, un Ferru uomo atroce, e più tiranno che soldato. Smontò l’Hofer nel cortile ove alloggiava il Ferru, circondato da grossa guardia; e salito alle camere del Comandante, ov’eran già le tavole apparecchiate pel desinare, fu invitato anch’egli a sedere cogli ufficiali che lo scortavano. Ma essendo il venerdì, e veggendo i cibi grassi arrecati, con aria dolce e cortese gentilmente scusandosi, disse: che più tardi avrebbe pranzato un po’ di cacio e pane. Indi i ghigni protervi dè franzesi, e il porsi a tavola, e il diluviare gagliardamente. Quel valent’uomo recatosi a sedere vicino alla stufa, ch’era il verno grande e freddissimo, e toltosi dal collo lunga e grossa corona, cominciò a recitare a mani giunte il rosaio della Madonna. La sala del pranzo rispondeva sopra una loggia, ed io con un amico, ch’era il signor della casa, stavamo giovanilmente spiando e considerando quel gran prigioniero. Egli era di ancor fresca età, alto della persona ed asciutto, di fronte elevata, di viso lungo e scarno, con una lunga barba e radi e fini capelli, che gli piovevano in sulle spalle. Talvolta orando alzava gli azzurri occhi al cielo in atto d’affettuosa pietà, e più spesso rivoltigli a terra, tutto raccogliea il viso chinandolo in sul petto. Che altissimo contrapposto era il vedere què crapuloni di soldati, i quali tracannando il vino bevevan di lui, saettandolo con biechi sguardi, e alzandogli il bicchiere in faccia a maniera di brindisi! Così per certo non avea l’Hofer operato col generale Lefevre, allorché mentre egli marciava entro le stretture di quelle montagne colla sua divisione, rotolati dalle somme balze grossissimi massi sopra le artiglierie e il carriaggio, tutto lo infranse, e gli tagliò la ritirata. Per il che presolo con tutto l’esercito, lui colla moglie, e cò capitani accolse cortesemente à suoi quartieri, e con ogni maniera di gentile ospitalità trattolo non come nimico, ma a guisa di signore, e fratello».
Dopo questa piccola introduzione il curato descrive il singolare fatto accaduto ad Ala: 
«Ma la notte avvenne caso, che sgomentò què scortesi, e fu testimone del suo grande animo, e di sua invitta virtù. Imperroché essendo posto a dormire in una camera ov’era un gran caldano di carboni accesi, l’esalazione maligna fece cadere in terra tramortita la sentinella che il guardava; e l’ufficiale che gli dormiva a lato, smarriti i sensi, era in un mortale deliqui assopito. L’Hofer sentendosi soffocare, gagliardo com’era, balzò di letto, e veduto lo svenimento dell’ufficiale, e stesa in terra boccheggiante la sentinella, in luogo di fuggire a salvamento (e tirolesi si sarebbero recati a gran ventura il nasconderlo), uscì fuori imperturbato, e andò a svegliare i soldati delle altre stanze, affinché accorsero a salvare la sua guardia. E pare egli sapeva che in Italia l’aspettava la morte! Se tanta virtù si fosse anticamente operata in Grecia o in Roma, avrebbe fatto meravigliare il mondo».
Malgrado la generosità e bontà d’animo dimostrata, il giorno successivo Andreas Hofer riparte alla volta di Mantova dove viene processato e fucilato il 20 febbraio del 1810. (tratto da “A spasso con Andreas Hofer” di S. Vernaccini).
 Marco Masini - http://www.marcosoini.info

Il testo della lapide presente ad Ala (Tn) è il seguente:
IL 2 FEBRRAIO 1810 IN QUESTO PALAZZO DI ALA
L’EROE TIROLESE ANDREAS HOFER, DIRETTO A MANTOVA
PER ESSERE FUCILATO DAI FRANCESI,
TRASCORSE LA NOTTE, DANDO ESEMPIO DI ALTRUISMO
E SALVANDO I SUOI CARCERIERI DA SICURA MORTE
1810-2010
Fucilazione di Andreas Hofer