Amritananda mata e l'abbraccio selezionato


Kerala - La strada per l'ashram di Amritananda mata 
Stavolta le indicazioni che mi sono state date son chiare e dettagliate, con tanto di piantina, disegno della laguna, alberi e barche sul mare: “Ecco qui abita Amritananda mata, la santa madre che tutti ama e tutti abbraccia..”.  Così  disse mio fratello Alessandro. E così decisi di andarla a visitare... siccome ero rimasto da poco “orfano”  in seguito alla dipartita della mia adorata madre spirituale Amma Anasuya Devi,quasi sconosciuta in occidente e poco conosciuta persino in Andra Pradesh, lo stato del sud India in cui visse.  
La mia madre Anasuya abitava  a Jillelamudi,  un minuscolo villaggetto vicino alla costa meridionale del  golfo del Bengala, con lei avevo trascorso intensi anni in amorosa compagnia, assieme ad un numero ristrettissimo di  altri suoi “figli”. “Non ho discepoli (sisha) – diceva- ma solo  figli (sishu)” E pure: "Questo  non è un ashram ma è la  Casa di Tutti".
Ed ora anch’io ora avevo un figlio a cui facevo da padre e da madre, il mio ultimo nato Felix, che aveva appena  un anno e mezzo, e me lo stavo portando appresso a conoscere una “madre spirituale” (almeno questa era l’intenzione), quella Madre Amritananda del Kerala. Il Kerala è sempre al sud dell’India ma  sulla costa inversa, quella dell’Oceano Indiano.  Eravamo pronti a partire dal terminal dell’aeroporto di Fiumicino, Felix ed io, non sapendo chi  fosse il più emozionato e meravigliato di questo lungo viaggio  verso il mare… l’oceano dell’amore che speravamo di trovare in India…     
 Qualche genitore maschio che legge ha mai provato a viaggiare da solo con un bambino di  un anno e mezzo che ancora si  fa i bisogni addosso ed a malapena cammina? Questa era  la mia situazione, ravvedimento, che mi  ero scelto per riscattare la mia funzione di padre e madre precedentemente alquanto trascurata, per ritrovare una dignità attraverso  la dedizione ed il sacrificio. Potrei scrivere un libro solo sui ricordi di quel lungo viaggio  e sulle vicissitudini e prove patite, lo farò un’atra volta… 
 Dopo un mese “natalizio” di permanenza riposante nell’ashram di Ganeshpuri decisi di andare a cercare questa santa madre di cui avevo sentito  parlare e lasciai quel porto ospitale per andare  da Amritananda in Kerala. Per arrivare nella sua dimora-ashram  (a quel tempo, inizio 1986,  ancora in costruzione) bisognava passare una palude  in barca  e raggiungere la costa,  abitata da  soli  pescatori. L’impressione ricevuta appena arrivato fu quella di essere entrato in una sorta di “teatrino”. Nell’ashram c’era una balconata sulla quale il pubblico era ammesso e dabbasso, su un palco, si esibiva Amritananda  in canti e danze estatiche. Le persone   residenti nella comunità   erano transfughi di vari altri ashram,  ex Hare Krishna,  ex cristiani, ex  di qua e di là…. Non mi trovavo bene per nulla in questa congerie di abbandonatori, però tenevo duro, aspettavo almeno il contatto diretto con l’Ananda  (gioia) dell’Amrita (nettare).
 Dopo alcuni giorni di penitenza in mezzo a quegli strani devoti, tutti occidentali (salvo i membri dello staff) ed alquanto sciroccati, pensate che uno addirittura mi rimproverò perché disse che lo “facevo eccitare” lasciando girare per l’ashram l’unico bimbo residente, Felix,  seminudo…. roba da chiodi in fronte….  Un’altra volta  mi persi sulla battigia dell’oceano e nessuno dei pescatori sapeva  (o voleva) indicarmi il posto della comunità  (chissà cosa volevano significare…?).
 Infine avvenne l’incontro pubblico e ravvicinato con la madre, in una capanna allestita per l’occasione, tutti i devoti infervorati  ed agitati,   e la madre che faceva appropinquare uno alla volta i suoi ammiratori e  li abbracciava singolarmente. 
Sapete che sono della Scimmia,  vero?! Malgrado  la situazione alquanto complessa, e sotto controllo di un paio di guardie del corpo che stavano ai lati della madre,  non potei trattenermi dal verificarne la “santità”  e allorquando venne il mio turno dell’abbraccio, lasciai  che ella abbracciasse prima mio figlio Felix e poi a mia volta la abbracciai e la strinsi come si stringe una donna (avete capito bene!)…. Immediatamente percepii il suo disagio e sentii il corpo femminile scostarsi imbarazzato, immediatamente fui allontanato dalle guardie del corpo   ma  “soddisfatto” per la buona riuscita della prova, l’indomani stesso me ne partii senza rimpianti….
Me ne ritornai a Jillellamudi, anche se  Anasuya era fisicamente assente, la sua energia ed il suo amore erano  lì,  e lì trascorsi gli ultimi due mesi del viaggio, lì Felix imparò a fare la cacca  in un vaso di coccio,  lì girava seminudo per tutto il villaggio come tutti gli atri bambini che vi vivevano….  senza problemi.
Paolo D’Arpini

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