Taoismo, Buddhismo, Advaita... e la "creazione" senza un Dio e senza un "intento"




"In seguito al Big Bang ed alla forza di gravità ed alla natura intrinseca delle particelle quantiche la materia universale che noi conosciamo si è auto generata… dal vuoto, senza alcun bisogno di un intervento divino” (Stephen William Hawking)

Come a dire che Dio non esiste, e che la vita e la materia sono la risultanza di un processo naturale. 

Queste ipotesi del Tutto che genera il Tutto, seguono la teoria di Albert Einstein della relatività dello Spazio – Tempo, che funge anch’essa da sostegno all’anti-creazionismo.

Le tesi del britannico Hawking sono molto affini alle intuizioni della “spiritualità laica o atea”, ampiamente espresse dal sottoscritto in diverse occasioni. Quindi la corroborazione scientifica sulla non esistenza di un Creatore "intenzionale" (come solitamente viene inteso Dio) mi trova perfettamente in sintonia.

La verità è che la negazione della creazione, in quanto opera di un Dio personale, è ben più antica delle “scoperte scientifiche” del fisico inglese o delle “intuizioni spirituali laiche”. Addirittura essa risale a migliaia di anni prima della nostra era. Il concetto era già presente nella filosofia “Non-duale” dell’India e nel Taoismo Cinese, ed ebbe una sponda anche nella teoria buddista del “Vuoto” (o Sunya).

E cosa dicono queste filosofie?

La manifestazione appare nell’Assoluto attraverso uno spontaneo “olomovimento”, o “Potere” (Shakti) in esso intrinseco. L’Assoluto non crea… egli semplicemente é. Non ha volontà né desiderio. Nell’Advaita (Non-dualismo), tutto l’esistente é una naturale espressione dell’energia propria dell’Essere, non c’é compimento deliberato o finalità nella manifestazione. Dal punto di vista “empirico” la spiegazione che viene data dell’evento “creativo” é quella del movimento energetico, un “gradiente” che viene a formarsi in seguito all’apparizione nello specchio riflettente della mente cosmica del concetto di spazio e di tempo.

Una sorta di condizionamento o capacità della mente di proiettarsi in quel “continuum” attraverso la formazione di una serie incessante di “fotogrammi”, definiti “momenti” e “luoghi”. Potremmo dire che tale “continuum” corrisponde, ab initium, al cosiddetto Big Bang, Ed in effetti sia lo spazio che il tempo sorgono contemporaneamente da quella ipotetica espansione primordiale. Ma anche affermare che la manifestazione è iniziata in un certo tempo e che si protrae nello spazio è una concessione all’esperienza vissuta dagli “esseri” che si muovono all’interno dello spazio/tempo. In verità tali “esseri” sono anch’essi concettuali e relativi tanto quanto l’esistenza del trascorrere del tempo e dell’espandersi nello spazio. Il Vuoto, o l’Assoluto, insomma prevale sempre, tutto contiene e tutto trascende.

Nel Taoismo quel che viene definito spazio è detto “Yin” e quel che è chiamato tempo viene detto “Yang”. L’incontro, o frizione, fra queste due forze insite nel Tao (Assoluto), produce tutti gli effetti visibili (ovvero la nascita delle cosiddette “diecimila creature”). Nel Tao non v’è intento, l’interezza del manifesto è il risultato di uno spontaneo alternarsi o rincorrersi delle energie Yin e Yang lungo una spirale infinita.

Nel Buddismo l’unica concessione che viene fatta all’esistenza di un “Dio” è nella forma di un potere di compensazione insito nella legge di causa-effetto. Egli viene perciò descritto come il dispensatore della retribuzione karmica. Ma mai assume una forma specifica come nelle religioni cristiane o musulmane o comunque adoranti un “Dio personale”.

Come sorge allora nelle fedi monoteiste o politeiste l’idea di un Dio “creatore e signore del cielo e della terra”? E’ evidente che tale pensiero viene strutturato nella mente individuale dell’uomo come un tentativo di dare una risposta ed un senso alla sua identificazione con la forma e con il suo ritenere “vero e reale” il manifestarsi degli avvenimenti osservati nello spazio tempo. Pertanto si suppone l’esistenza di un’entità superiore che “sovrintende” alle attività dell’universo. Questa credenza é sia una consolazione alla propria ipotetica inferiorità rispetto al nostro percepirci come presenti nel mondo sia un pensiero speculativo funzionale all’illusione separativa. In verità l’Universo é un tutto inscindibile e come in un ologramma ogni singola particella contiene quel Tutto in modo integrale. Questo é vero anche in senso logico poiché il Tutto non può essere mai scisso, pur manifestandosi nelle differenze apparenti.

Invero anche quando riteniamo di essere una parte e separati dal Tutto non possiamo fare a meno di affermarlo attraverso la coscienza che è la radice del nostro sentire e l’unica prova del nostro esistere. Tale coscienza è caratteristica comune di ogni forma vivente ed è connaturata nella natura stessa. In fieri, o in latenza, nella materia cosiddetta inorganica ed in evidenza nelle forme organiche, che della materia sono una trasformazione biochimica. Ed è appunto in questa “coscienza”- meglio sarà definirla “consapevolezza”- che la manifestazione prende forma e quindi diventa esperienza sensoriale. E tale Coscienza, in quanto naturale espressione dell’Assoluto, è unica ed indivisibile, essa rappresenta la vera realtà di ogni essere. Sia esso un ipotetico Dio od un’ameba od un germe od una pietra… e di questo la fisica quantistica può darne una dimostrazione. Nel tentativo di scardinare almeno l’ignoranza più grossolana sulla vera natura dell’Essere e dell’Esistere.

Paolo D'Arpini


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