Strategie del sionismo prima e dopo le due guerre mondiali



PREFAZIONE AL LIBRO IL PRIMO OLOCAUSTO DI DON HEDDESHEIMER[1]


Di Germar Rudolf (2005)


Come tutti sappiamo, circa sei milioni di ebrei vennero uccisi dalla Germania nazionalsocialista durante la seconda guerra mondiale, o così ci è stato detto. Questo genocidio è oggi generalmente conosciuto come l’Olocausto o la Shoah. Ma come sappiamo che sei milioni di ebrei persero la vita? E da quanto tempo lo sappiamo?

Mentre sembra che si possa rispondere alla prima domanda mediante delle ricerche demografiche sulle perdite ebraiche durante la seconda guerra mondiale, la seconda domanda deve essere rivolta agli storici.

Riguardo alla prima domanda, mentre diversi studiosi hanno cercato di svolgere indagini demografiche sulle perdite della popolazione ebraica durante la seconda guerra mondiale – talvolta con risultati alquanto contrastanti – fu solo nel 1991 che una importante monografia, pubblicata in Germania da una nota casa editrice e firmata da un rinomato gruppo di autori, venne dedicata a questo importante problema. Senza alcuna sorpresa, il risultato di questo massiccio studio demografico confermò quello che tutti sapevano in ogni caso:

Il totale indica un minimo di 5.29 e un massimo di poco più di 6 milioni [di vittime ebree dell’Olocausto].”[2]

E anche se la cifra dei sei milioni è stata definita una cifra altamente “simbolica”,[3] ha ormai raggiunto una dimensione quasi sacrale. E’ chiaro che la massiccia persecuzione, sociale e legale, subita da chiunque in Germania osi dubitare, negare, o confutare la cifra dei sei milioni,[4] ha condizionato come un’invisibile linea guida lo studio suddetto, nonostante l’editore Wolfgang Benz, si sia premurato di far notare che

“lo scopo di questo progetto ovviamente non era di provare alcuna cifra prefissata (“sei milioni”).[5]

Ma considerando che il Sacro Olocausto è senza dubbio il più grande tabù dei nostri tempi, è questa davvero una questione così ovvia?

In un’analisi comparativa dello studio di Benz e di un’importante studio revisionista delle perdite di popolazione ebraica durante la seconda guerra mondiale,[6] avevo fatto notare che il lavoro di Benz ha così tanti difetti logici, metodici e sistematici che il risultato [delle sue ricerche] doveva essere respinto.[7]

Ma se è vero che non disponiamo di uno studio demografico attendibile che mostri senza alcun dubbio che sei milioni di ebrei persero le loro vite durante la seconda guerra mondiale, allora perché siamo messi di fronte alla cifra dei sei milioni? Da dove viene questa cifra? E quando venne diffusa per la prima volta?

Il dr. Joachim Hoffmann è stato il primo storico di fama che si sia interrogato su questa questione. Nel suo studio del 1995 La Guerra di Sterminio di Stalin 1941-1945, egli fece notare che il principale propagandista sovietico, Ilya Ehrenburg, aveva pubblicizzato la cifra dei sei milioni, nella stampa sovietica diretta all’estero, già il 4 Gennaio 1945, vale a dire quattro mesi buoni prima della fine della guerra.[8] A quel tempo, non poteva avere a disposizione alcuna cifra attendibile. Solo un anno più tardi, nel 1996, lo storico inglese David Irving evidenziò che già nel Giugno del 1945, qualche leader sionista affermava di poter fornire il numero preciso delle vittime ebree – sei milioni, ovviamente – anche se il caos che regnava in Europa a quel tempo rendeva impossibile ogni studio demografico.[9]

Gli studiosi revisionisti, d’altro canto, hanno a lungo riflettuto sull’origine della cifra dei sei milioni: la ricerca più famosa e dettagliata è del prof. Arthur Butz nella sua opera memorabile The Hoax of the Twentieth Century [L’Inganno del Ventesimo secolo].[10]Analizzando una grande quantità di articoli del New York Times sulla persecuzione degli ebrei nell’Europa dominata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, Butz trovò diversi articoli che indicano chiaramente che già nel periodo compreso tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, i gruppi di pressione ebrei all’interno degli Stati Uniti stavano già anticipando una perdita totale dai cinque ai sei milioni di ebrei alla fine della guerra. Cito qui brevemente alcuni di questi articoli, ripresi dal libro di Butz:

NYT, 30 Giugno 1942, p. 7:

Un milione di ebrei uccisi dai nazisti, afferma un rapporto.[11]

NYT, 3 Settembre 1942, p. 5:

Un osservatore europeo ha detto che i tedeschi hanno programmato di sterminare gli ebrei non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Egli ha dichiarato che i nazisti hanno ucciso due milioni di ebrei negli ultimi tre anni.[12]

NYT, 13 Dicembre 1942, p. 21:
“[…] Rapporti autenticati fissano a due milioni gli ebrei che sono stati già uccisi con ogni mezzo di satanica barbarie, e parlano di piani per lo sterminio totale di tutti gli ebrei su cui i nazisti possano mettere le mani. Il massacro di un terzo della popolazione ebraica sotto il dominio di Hitler [due milioni è un terzo di sei milioni] e il massacro minacciato di tutti [gli altri] è un olocausto senza confronti.[13]

NYT, 20 Dicembre 1942, p. 23:

Quello che sta succedendo ai 5 milioni di ebrei nell’Europa occupata dalla Germania, dei quali tutti affrontano lo sterminio […].
Ai primi di Dicembre del 1942 il Dipartimento di Stato a Washington ha dato qualche cifra che mostrava che il numero delle vittime ebree deportate e morte dal 1939 nell’Europa controllata dall’Asse ha ora raggiunto la cifra spaventosa di due milioni e che 5 milioni erano in pericolo di sterminio.[14]

NYT, 2 Marzo 1943, pp. 1, 4:

Un’azione immediata da parte delle Nazioni Unite per salvare quanti più sia possibile dei 5 milioni di ebrei minacciati di sterminio […] è stata chiesta ad una dimostrazione di massa […] al Madison Square Garden la notte scorsa.
[…Il rabbino Hertz ha detto che] “è spaventoso il fatto che coloro che proclamano le Quattro Libertà abbiano finora fatto molto poco per garantire almeno la libertà di vivere per 6 milioni dei loro compatrioti ebrei,  soccorrendo prontamente quelli che possono ancora scampare le torture e le carneficine naziste. […]””[15]

NYT, 10 Marzo 1943, p. 12:

Quarantamila persone hanno assistito […] la notte scorsa a due performance di “We Will Never Die”[Noi non moriremo mai], una drammatica commemorazione per i due milioni di ebrei uccisi in Europa. […] Il narratore ha detto che “Non sarà lasciato nessun ebreo in Europa quando la pace verrà. I quattro milioni rimasti devono essere uccisi, secondo i piani.”[16]

NYT, 20 Aprile 1943, p. 11:

Londra, 19 Aprile (Reuter) – Due milioni di ebrei sono stati eliminati da quando i nazisti hanno iniziato la loro marcia in Europa nel 1939 e 5 milioni sono in immediato pericolo di sterminio. Queste cifre sono state rivelate nel sesto rapporto sulle condizioni dei territori occupati pubblicato dal Comitato Inter-alleato per le Informazioni.

Perciò, Butz conclude nel suo libro:

Un altro punto che va qui evidenziato […] è che la cifra dei sei milioni ha a quanto pare la propria origine nella propaganda del 1942-1943.[17]

Butz mostra anche che all’origine di questi articoli troviamo gruppi di pressione ebraici come il Congresso Ebraico Mondiale  e il Congresso Ebraico Americano. All’inizio, le loro proteste non venivano prese sul serio a Washington, fino a quando Henry Morgenthau, del Dipartimento del Tesoro, riuscì a ridurre l’influenza del Dipartimento di Stato sulla politica ufficiale degli Stati Uniti.[18]

Ma persino la lungimirante digressione di Butz era ancora un po’ limitata. Per cominciare risaliamo ancora più indietro nel tempo di sei anni. Il 25 Novembre 1936, Chaim Weizmann, presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale, testimoniò davanti alla Commissione Peel, che venne formata come reazione agli scontri violenti tra ebrei e arabi in Palestina e che decise infine di dividere la Palestina in due stati, uno ebraico e l’altro arabo. Nel suo discorso, Weizmann disse:

Non è esagerato dire che sei milioni di ebrei sono condannati ad essere imprigionati in questa parte del mondo, dove essi sono indesiderati, e per i quali le nazioni sono divise in quelle, dove sono indesiderati, e quelle, dove non sono ammessi.[19]

Che questo riferimento di Weizmann a sei milioni di ebrei minacciati e/o sofferenti non sia un’eccezione né assolutamente il più remoto riferimento a questa cifra, è ora dimostrato da Don Heddesheimer. Egli ha riunito una gran quantità di materiale che indica che la propaganda scatenata dalle organizzazioni sioniste durante la seconda guerra mondiale non era senza precedenti. In realtà si tratta di una mera ripetizione – o dovremmo dire continuazione? – della propaganda che si intensificò durante la prima guerra mondiale (!) e che raggiunse il suo primo culmine negli anni venti. Già allora, le cifre dei cinque o sei milioni di ebrei minacciati di morte vennero largamente pubblicizzate come mezzo per raggiungere un fine: vale a dire il supporto incondizionato degli obbiettivi politici ebraici e sionisti.[20] Facendo un passo ulteriore, Heddesheimer ha trovato persino una fonte datata 1900 che sosteneva che sei milioni di ebrei sofferenti erano un buon argomento per il Sionismo (vedi pagina 40).

In questa prefazione, ho citato diversi articoli del New York Times degli anni 1942 e 1943, perché mi piacerebbe che il lettore, dopo aver letto questo libro, tornasse a quelle pagine e leggesse di nuovo quegli estratti. Egli sarà così colpito dalla somiglianza del tema. Ma egli noterà anche una differenza:

Durante la seconda guerra mondiale, i gruppi di pressione sionisti trovarono per la loro propaganda un bersaglio molto comodo nella Germania nazionalsocialista, le cui politiche estremamente anti-ebraiche incoraggiavano la credibilità di ogni sorta di accusa.

Prima, durante, e immediatamente dopo la prima guerra mondiale, tuttavia, la situazione era più complessa. Come mostra Heddesheimer, il bersaglio più importante degli attacchi polemici negli anni precedenti la prima guerra mondiale era la Russia zarista, a causa delle sue politiche nei confronti degli ebrei, politiche che molti sionisti consideravano anti-ebraiche. Dopo che la sconfitta della Russia zarista divenne evidente, negli anni 1916-1917, la propaganda sionista rivolse il suo obbiettivo contro la Germania (vedi la pagina 38 del libro), il cui alleato, l’Impero Ottomano, doveva essere sconfitto per “liberare” la Palestina in favore dei piani sionisti (e naturalmente per tutelare i miliardi di dollari prestati agli inglesi e ai francesi). Queste accuse propagandistiche contro la Germania, comunque, cessarono alla fine della guerra, perché la Germania, in quegli anni, era decisa a difendere sé stessa contro certe falsità.

Dopo la fine della prima guerra mondiale, quando le aspettative sioniste sulla Palestina rimasero temporaneamente deluse, ma nuove speranze erano sorte grazie all’esperimento sovietico in Russia, nessun paese particolare venne inizialmente preso di mira, anche se c’era un bersaglio che si poteva considerare perfetto: la Polonia.

Tra la prima guerra mondiale e la seconda, la Polonia era una dittatura militare che realizzò una politica di “pressione etnica”: tutte le minoranze non polacche vennero sottoposte a discriminazioni e a vari gradi di persecuzione, con l’intento di “convincerle” ad emigrare (in modo molto simile a quello che Israele fa oggi in Palestina contro i non ebrei). Gli ebrei in Polonia non erano esenti da questo trattamento. E’ un dato di fatto che l’anti-giudaismo polacco, sia a livello ufficiale che informale, era così massiccio che molti ebrei polacchi preferirono vivere in Germania, persino durante il terzo Reich e fino alla fine del 1938, piuttosto che rimanere nella loro terra nativa.

Perciò, esisteva un buon appiglio per attaccare massicciamente la Polonia per la sua condotta rabbiosamente anti-ebraica, come esistevano motivi per attaccare la Germania dopo che Adolf Hitler ascese al potere e pian piano realizzò una politica sempre più paragonabile a quella già perseguita dalla Polonia.

Sebbene si possa mostrare come il New York Times accusasse in molti articoli la Polonia di persecuzione anti-ebraica – mentre lo stesso giornale rimase sostanzialmente silenzioso riguardo a persecuzioni analoghe patite da Tedeschi, Lituani, Ruteni, Ucraini e Slovacchi residenti in Polonia – Heddesheimer non si concentra su questo aspetto, perché il suo libro non riguarda la sofferenza e la persecuzione degli ebrei nell’Europa orientale, ma la propaganda e la raccolta di fondi a New York. Desidero perciò attirare l’attenzione del lettore su alcuni esempi degli articoli del New York Times riguardanti la persecuzione anti-ebraica in Polonia.

Già nel 1919, apparve sul New York Times un resoconto dei presunti pogrom anti-ebraici in Polonia, ma con una connotazione decisamente ironica, poiché la veridicità di tali resoconti veniva messa in dubbio:

“E’ stato fatto notare che alcuni di questi resoconti potrebbero essere stati ideati da propagandisti tedeschi o potrebbero essere stati da loro esagerati con l’ovvio scopo di screditare la Polonia agli occhi degli Alleati, nella speranza che la Germania possa esserne in tal modo la beneficiaria. La Germania potrebbe aver collaborato alla diffusione di queste storie, o potrebbe averle inventate, sebbene sarebbe un inganno crudele stringere i cuori di grandi moltitudini di persone per raggiungere tale scopo […][21]

False notizie sulla sofferenza ebraica sarebbero davvero crudeli, ed è sicuramente divertente leggerlo per bocca del diretto interessato. E’ preoccupante tuttavia, quando tali voci vengono attribuite in modo infondato, come in questo caso, nel quale il New York Times a quanto pare non reprime il proprio pregiudizio nel vedere la “perfida Germania” dietro ogni cosa.

In alcuni articoli degli anni ’20 riguardanti le sofferenze dell’ebraismo polacco, queste avversità furono descritte come il risultato della generale sofferenza economica in Polonia dopo la prima guerra mondiale, piuttosto che come il risultato di una specifica politica anti-ebraica.[22] Altri, in particolare durante gli anni ’30 quando le politiche polacche diventarono più repressive, riferirono di persecuzioni anti-ebraiche, provocando la protesta pubblica del dr. Joseph Tenenbaum, il presidente dell’American Jewish Congress [Congresso Ebraico Americano].[23] Questo fatto, tuttavia, venne anche accompagnato da alcune dicerie drammaticamente esagerate riguardanti la sofferenza degli ebrei:

Il popolo ebreo in tutto il mondo affronta una guerra di estinzione, il dr. Tenenbaum ha dichiarato in un discorso […]”[24]

Questo avvenne grosso modo un anno prima che Hitler venisse eletto Cancelliere in Germania!

Anche se le politiche polacche contro le minoranze in generale e anti-ebraiche in particolare (che iniziarono proprio nel 1918/19) rendevano la Polonia un obbiettivo perfetto per il biasimo, questo aspetto della storia polacca è oggi quasi dimenticato.

Da quello che oggi sappiamo, le più grandi atrocità nel periodo tra le due guerre mondiali ebbero luogo in Unione Sovietica, così ci si aspetterebbe che le organizzazioni sioniste avessero chiamato in causa il Terrore Comunista come una delle ragioni principali delle pretese sofferenze degli ebrei. Ma non fu così fino a diverso tempo dopo. La ragione di tale comportamento può essere dedotta da un esempio, che getta vivida luce su come il New York Times considerasse la situazione degli ebrei in Unione Sovietica. Verso la fine del 1922, questo giornale riferì che c’erano delle manifestazioni di ostilità verso gli ebrei in Ucraina, ma tali manifestazioni vennero violentemente represse con l’ausilio di un’armata, composta da ebrei, di 500.000 soldati – un’armata che avrebbe potuto formarsi e operare solo con il consenso delle autorità del nuovo stato sovietico.[25] In altre parole: considerato il terrore esercitato sulla popolazione civile della primitiva Unione Sovietica in generale e dell’Ucraina in particolare da parte delle autorità sovietiche, bisogna supporre che quest’armata ebraica costituisse un importante fattore di terrore piuttosto che un rimedio contro di esso. E il New York Times descrive questa parte essenziale del Terrore Comunista come una forma eroica e giustificata di auto-difesa ebraica. Questo atteggiamento può essere compreso se si tiene presente che molti ebrei sionisti guardavano all’Unione Sovietica come ad un esperimento di una nazione a guida ebraica libera dall’anti-giudaismo.

Un altro aspetto di questa storia è quello di seguire la traccia del denaro ottenuto in queste campagne di raccolta fondi. Nel quinto capitolo, Heddesheimer affronta questa questione. La letteratura da lui citata mostra che le organizzazioni ebraiche usarono una parte del denaro per assistere i loro confratelli in Polonia. Ma il lato odioso della faccenda è che, come Heddesheimer accenna nel quinto capitolo, esso servì a sostenere anche la rivoluzione comunista in Russia, o in altre parole: a finanziare volenti o nolenti l’olocausto ebraico-sovietico contro i cristiani in Russia, in Ucraina, e negli altri stati sovietici.

A differenza di questa, la seconda campagna sionista di raccolta fondi su vasta scala – quella organizzata durante la seconda guerra mondiale – fu dedicata alla creazione dello stato di Israele, e tale campagna non è mai terminata. Prima di tutto perché Israele ha continuo bisogno di un sostegno massiccio (mentre l’Unione Sovietica non ricevette più certi aiuti quando venne de-giudaizzata sotto Stalin) e secondariamente perché la Germania crollò completamente alla fine della guerra e non le venne mai permesso di difendersi contro le dicerie della propaganda sionista; al contrario: è punibile per legge in Germania e in molti altri paesi europei sfidare queste dicerie.

Nel suo ultimo capitolo, Heddesheimer indaga brevemente se le dicerie sulle eccezionali sofferenze ebraiche da parte dei gruppi di pressioni sionisti tra gli anni ’10 e gli anni ’20 fossero fondate oppure no. Soffrirono gli ebrei nell’Europa centrale e orientale più della popolazione ordinaria di quei paesi che erano crollati alla fine della prima guerra mondiale? Davvero c’era un olocausto in corso negli anni tra il 1915 e il 1927? Utilizzando statistiche della popolazione ebraica dell’epoca, Heddesheimer brevemente fa notare che la popolazione ebraica mondiale crebbe in modo molto più veloce, durante e poco dopo la prima guerra mondiale, che altri gruppi etnici e/o religiosi che vivevano negli stessi paesi.

Questo dovrebbe essere sufficiente a rispondere alle questioni suddette.

Si può anche facilmente arguire che se le dicerie riguardanti questo “primo” olocausto fossero vere, esse dominerebbero i nostri libri di storia come l’Olocausto della seconda guerra mondiale. Ma poiché sono assenti, possiamo giustamente presumere che tale propaganda fosse falsa.

Per chiudere la mia prefazione, mi piacerebbe menzionare brevemente le modalità delle presunte sofferenze ebraiche nelle affermazioni propagandistiche di entrambi gli olocausti. Mentre la semplice povertà venne additata principalmente come causa del  primo olocausto (inventato), lo sterminio per mezzo di camere a gas ed esecuzioni di massa sono le modalità presunte durante il Secondo Olocausto, quello “reale”.

Anche se le dicerie sulle camere a gas non erano parte del modello propagandistico degli anni ’10 e ’20, esiste un’eccezione abbastanza nota, che venne pubblicata dal londinese Daily Telegraph il 22 Marzo del 1916, a p. 7:

ATROCITA’ IN SERBIA
700.000 VITTIME

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

ROME, Lunedì (6:45 pomeridiane)
I Governi Alleati hanno trovato prove e documenti, che saranno pubblicati tra breve, comprovanti che l’Austria e la Bulgaria si sono rese colpevoli di crimini orribili in Serbia, dove i massacri commessi furono peggiori di quelli perpetrati dalla Turchia in Armenia.

[…]Donne, bambini, e anziani vennero rinchiusi nelle chiese dagli austriaci e trafitti con le baionette o soffocati per mezzo di gas asfissiante. In una chiesa di Belgrado vennero asfissiati in questo modo 3000 donne, bambini e uomini anziani. […]

Naturalmente, nessuno storico afferma oggi che gli austriaci o i loro alleati abbiano mai commesso stermini con il gas in Serbia durante la prima guerra mondiale. Questa non era nient’altro che propaganda nera messa in circolazione dal governo britannico e avidamente diffusa dai media britannici.

Ma confrontiamo questo con un articolo che apparve nello stesso Daily Telegraph il 25 Giugno del 1942, a p. 5, vale a dire cinque giorni prima che il New York Times – di proprietà ebraica – riferisse per la prima volta di un presunto sterminio di ebrei nell’Europa controllata dai Tedeschi:

I TEDESCHI UCCIDONO 700.000 EBREI IN POLONIA IN CAMERE A GAS MOBILI

IL REPORTER DEL DAILY TELEGRAPH

Più di 700.000 ebrei polacchi sono stati massacrati dai tedeschi nel più grande massacro della storia. […]

Questa volta, tuttavia, tutti sappiamo che queste dicerie erano vere, non è vero? Ed è anche vero che alla fine del 20° secolo nessuno accuserebbe seriamente alcuna nazione al mondo di aver costruito camere a gas e fornito Zyklon B per uccidere tutti gli ebrei, e quindi che gli ebrei starebbero per affrontare una volta di più un altro olocausto, un’estinzione di milioni. Dopo tutto, questo era qualcosa di unicamente tedesco e nazista, che non può succedere di nuovo, giusto?

Se pensate che sia ovvio che nessuno possa fare affermazioni così indegne, devo darvi un’altra lezione abbastanza sbalorditiva: lasciatemi portare solo due esempi da una guerra che ha avuto luogo quasi 50 anni dopo l’inizio della propaganda del secondo olocausto, e cioè nel 1991. Riguarda la prima guerra dell’America contro l’Iraq, per cacciare le truppe irachene fuori dal Kuwait. Il giornale di New York Jewish Press, che si definiva allora “Il più grande settimanale anglo-ebraico indipendente”, scriveva nella sua pagina di testa il 21 Febbraio 1991:

GLI IRACHENI HANNO CAMERE A GAS PER TUTTI GLI EBREI

Oppure prendete l’annuncio di copertina del volume 12, numero 1 (primavera 1991) del Response, un periodico pubblicato dal Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles e distribuito in 381.065 copie:

I TEDESCHI PRODUCONO ZYKLON B IN IRAQ

(La camera a gas di fabbricazione tedesca dell’Iraq)

Se non ci credete consultate l’appendice, p. 136, del libro di Heddesheimer, per la riproduzione dei documenti suddetti.

Spero che afferriate l’idea di questo libro: 1900, 1916, 1926, 1936, 1942, 1991…

Nel 1991 era tutto inventato, certamente, come lo furono le dicerie successive, prima della seconda guerra americana contro l’Iraq nel 2003, che l’Iraq possedeva o stava per possedere armi di distruzione di massa – sebbene in questo caso lo Zyklon B non fosse menzionato. Ma come il rinomato giornale israeliano Ha’aretz  proclamò orgogliosamente:

La guerra in Iraq venne ideata da 25 intellettuali neo-conservatori, la maggior parte dei quali ebrei, che stanno spingendo il presidente Bush a cambiare il corso della storia.” [26]

Perché, come tutti sappiamo, gli ebrei in Israele meritano una protezione preventiva dallo sterminio con armi di distruzione di massa – che si tratti di Zyklon B oppure no, inventate oppure no.

Così forse è possibile che non proprio tutte le dicerie riferite agli eventi accaduti tra il 1941 e il 1945 siano completamente vere? Forse c’è una possibilità dopo tutto che le cose siano state falsate, distorte, esagerate, inventate? Forse…

Se il lettore a questo punto ha aperto la sua mente a questa possibilità, posso solo invitarlo a leggere gli argomenti di coloro che asseriscono che molte cose sull’”Olocausto” [quello “reale”] sono state falsate, distorte, esagerate, e inventate. Se il libro di Heddesheimer è per voi una rivelazione, come io penso sarà, allora posso solo invitarvi a leggere rivelazioni anche più stimolanti, sulle quali potrete aver notizia sul retro di questo libro.

Ritengo che il libro di Don Heddesheimer sia un contributo molto importante alla nostra comprensione delle origini delle dicerie sull’Olocausto Ebraico dei tempi moderni. Queste dicerie non sono primariamente né anglosassoni né comunistico-sovietiche. Le nazioni vittoriose della seconda guerra mondiale sicuramente afferrarono l’opportunità di trarre vantaggio da tale propaganda e di accrescere la sua portata e il suo impatto. Ma le affermazioni propagandistiche originali sono di natura ebraico-sionista e sono parte di un modello propagandistico che iniziò all’alba del 20° secolo. E da allora esse sono cresciute di intensità a causa del loro successo politico e della mancanza di resistenza.

Questo libro dovrebbe anche ricordarci il semplice fatto che la verità è sempre la prima vittima di ogni guerra. E’ sorprendente che così tante persone rifiutino ciò, quando si viene a trattare della guerra più atroce mai combattuta, durante e ancor più dopo la quale la verità è stata violentata e uccisa più spesso che in qualunque altro avvenimento nella storia del genere umano: la seconda guerra mondiale. Non è perciò probabile che ci siano state e che ci vengano dette molte più menzogne su questa guerra che su tutte le altre guerre, quando tutti sappiamo che il nostro governo [gli Stati Uniti] ha mentito: sulla prima guerra mondiale, sulla Corea, sul Vietnam, e sulle guerre contro l’Iraq?

Il libro in inglese di Don Heddesheimer è scaricabile qui: 



[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale può essere consultato in rete all’indirizzo:
Il testo originale del libro di Don Heddesheimer prefato da Rudolf può essere consultato in rete all’indirizzo: http://vho.org/dl/ENG/tfh.pdf
[2] W. Benz (editore), Dimension des Volkermords, Munich: Oldenbourg, 1991, p. 17.
[3] Lo storico tedesco “sterminazionista” Martin Broszat dell’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco si espresse in tal modo mentre deponeva come perito davanti alla corte del processo di Francoforte, 3 Maggio 1979, riferimento Js 12 828/78 919 Ls.
[4] Su questo argomento, vedi il mio studio Discovering Absurdistan, in The Revisionist 1 (2), 2003, pp. 203-219.
[5] W. Benz, op. cit., p. 20.
[6] Walter N. Sanning, The Dissolution of the Eastern European Jewry, Newport Beach, CA: Institute for Historical Review, 1983.
[7] Holocaust Victims: A Statistical Analysis. W. Benz and W. N. Sanning – A Comparison, in Germar Rudolf (editore), Dissecting the Holocaust, seconda edizione, Chicago: Theses & Dissertation Press, 2003, pp. 181-213 [disponibile in rete all’indirizzo:http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndstats.html ] .
[8] Stalins Vernichtungskrieg 1941-1945, Munich: Verlag fur Wehrwissenschaften, 1995, p. 160.
[9] David Irving, Nuremberg. The Last Battle, London: Focal Point, 1996, p. 61.
[10] Brighton: Historical Review Press, 1976. Tutte le citazioni seguenti sono tratte dalla terza edizione, Chicago, IL: Theses & Dissertations Press, 2003.
[11] Ibidem, p. 98.
[12] Ibidem, p. 99.
[13] Ibidem, p. 100.
[14] Ibidem, p. 101.
[15] Ibidem, p. 103. Questo è lo stesso rabbino Hertz che già nel 1922 parlava di “un milione di esseri umani […] massacrati” durante i pogrom in Ucraina, New York Times, 9 Gennaio 1922, p. 19; vedi a p. 54 e a p. 117 del libro di Heddesheimer.
[16] Ibidem, p. 104.
[17] Ibidem, p. 105.
[18] Vedi il capitolo di Butz “The First “Extermination” Claims and Washington” [Le prime proteste sullo “sterminio” e Washington], che inizia a p. 81 del suo libro.
[19] Ritradotto dall’introduzione di Walter A. Berendsohn a Thomas Mann, Sieben Manifeste zur judischen Frage, Darmstadt: Jos. Melzer Verlag, 1966, p. 18. Sono grato a Robert Countess per avermi fornito questa citazione.
[20] Don Heddesheimer ha pubblicato un primo articolo, più breve, su questo argomento: Holocaust Number One – Fundraising and Propaganda [Olocausto numero uno – raccolta di fondi e propaganda], in The Barnes Review, 3 (2), 1997, pp. 19-24.
[21] “Pogroms in Poland”, New York Times, 23 Maggio 1919, p.12.
[22] “Jews of Poland Again Face Period of Want”, New York Times Sunday Magazine, 28 Maggio 1926, p. 8.
[23] Tenenbaum quits Polish Group Here. Charges Anti-Semitic Policy Abroad in Resigning as Head of Good-Will Committee”, New York Times, 20 Novembre 1931, p. 26.
[24] “Racial Bias Viewed as Threat top Peace”, New York Times, 22 Febbraio 1932, p. 20.
[25] “South Russian Jews Raise Strong Army”, New York Times, 20 Dicembre 1922. E’ possibile che questa asserzione sia esagerata, sebbene è molto probabile che gli ebrei si arruolassero nelle forze armate della primitiva Unione Sovietica più volentieri dei non ebrei.
[26] Ari Shavit, “White man’s burden”, Ha’aretz, 7 Aprile 2003; www.haaretzdaily.com/hasen/pages/ShArt.jhtml?itemNo=280279; vedi anche Stephen J. Sniegoski, “War on Iraq: Conceived in Israel”, The Revisionist, 1 (3) (2003), pp. 285-298.



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