Altruismo a sprezzo della propria vita... il caso del tirolese Andreas Hofer


Un episodio della vita di Andreas Hofer, molto singolare e sconosciuto ai più, si svolge ad Ala, allora ultima Città del Tirolo storico. Ala vede il passaggio dell’eroe tirolese il 2 febbraio 1810 quando, scortato dai Francesi, sosta a Palazzo Taddei nel centro storico. Questo importante edificio, recentemente acquistato dal Comune e in fase di restauro, conserva ancora la stanza dove Hofer dormì e compì un atto di pietà, poi ricordato dal sacerdote Antonio Bresciani Borsa, allora poco più che bambino.
Una volta divenuto adulto, in una delle sue opere e precisamente nel Sopra il Tirolo TedescoLettere del P. Antonio BrescianiD.C.D.G. estratte dal tomo IX… (Soliani Tipografi, Modena, 1840; Biblioteca Comunale di Ala), Bresciani riporta i ricordi di quella giornata, quando spiò Hofer prigioniero mentre recitava il rosario. Così racconta:
«Quel martire della patria e della fede Andrea Hofer, detto volgarmente dai tirolesi italiani il barbone. Io il vidi quando, spenta già la rivoluzione contro i Bavari, quel fellone di suo amico il diede per tradimento in mano à Francesi, e scendea dal Tirolo alla volta di Mantova. Comandava in Ala, ov’io dimorava, un Ferru uomo atroce, e più tiranno che soldato. Smontò l’Hofer nel cortile ove alloggiava il Ferru, circondato da grossa guardia; e salito alle camere del Comandante, ov’eran già le tavole apparecchiate pel desinare, fu invitato anch’egli a sedere cogli ufficiali che lo scortavano. Ma essendo il venerdì, e veggendo i cibi grassi arrecati, con aria dolce e cortese gentilmente scusandosi, disse: che più tardi avrebbe pranzato un po’ di cacio e pane. Indi i ghigni protervi dè franzesi, e il porsi a tavola, e il diluviare gagliardamente. Quel valent’uomo recatosi a sedere vicino alla stufa, ch’era il verno grande e freddissimo, e toltosi dal collo lunga e grossa corona, cominciò a recitare a mani giunte il rosaio della Madonna. La sala del pranzo rispondeva sopra una loggia, ed io con un amico, ch’era il signor della casa, stavamo giovanilmente spiando e considerando quel gran prigioniero. Egli era di ancor fresca età, alto della persona ed asciutto, di fronte elevata, di viso lungo e scarno, con una lunga barba e radi e fini capelli, che gli piovevano in sulle spalle. Talvolta orando alzava gli azzurri occhi al cielo in atto d’affettuosa pietà, e più spesso rivoltigli a terra, tutto raccogliea il viso chinandolo in sul petto. Che altissimo contrapposto era il vedere què crapuloni di soldati, i quali tracannando il vino bevevan di lui, saettandolo con biechi sguardi, e alzandogli il bicchiere in faccia a maniera di brindisi! Così per certo non avea l’Hofer operato col generale Lefevre, allorché mentre egli marciava entro le stretture di quelle montagne colla sua divisione, rotolati dalle somme balze grossissimi massi sopra le artiglierie e il carriaggio, tutto lo infranse, e gli tagliò la ritirata. Per il che presolo con tutto l’esercito, lui colla moglie, e cò capitani accolse cortesemente à suoi quartieri, e con ogni maniera di gentile ospitalità trattolo non come nimico, ma a guisa di signore, e fratello».
Dopo questa piccola introduzione il curato descrive il singolare fatto accaduto ad Ala: 
«Ma la notte avvenne caso, che sgomentò què scortesi, e fu testimone del suo grande animo, e di sua invitta virtù. Imperroché essendo posto a dormire in una camera ov’era un gran caldano di carboni accesi, l’esalazione maligna fece cadere in terra tramortita la sentinella che il guardava; e l’ufficiale che gli dormiva a lato, smarriti i sensi, era in un mortale deliqui assopito. L’Hofer sentendosi soffocare, gagliardo com’era, balzò di letto, e veduto lo svenimento dell’ufficiale, e stesa in terra boccheggiante la sentinella, in luogo di fuggire a salvamento (e tirolesi si sarebbero recati a gran ventura il nasconderlo), uscì fuori imperturbato, e andò a svegliare i soldati delle altre stanze, affinché accorsero a salvare la sua guardia. E pare egli sapeva che in Italia l’aspettava la morte! Se tanta virtù si fosse anticamente operata in Grecia o in Roma, avrebbe fatto meravigliare il mondo».
Malgrado la generosità e bontà d’animo dimostrata, il giorno successivo Andreas Hofer riparte alla volta di Mantova dove viene processato e fucilato il 20 febbraio del 1810. (tratto da “A spasso con Andreas Hofer” di S. Vernaccini).
 Marco Masini - http://www.marcosoini.info

Il testo della lapide presente ad Ala (Tn) è il seguente:
IL 2 FEBRRAIO 1810 IN QUESTO PALAZZO DI ALA
L’EROE TIROLESE ANDREAS HOFER, DIRETTO A MANTOVA
PER ESSERE FUCILATO DAI FRANCESI,
TRASCORSE LA NOTTE, DANDO ESEMPIO DI ALTRUISMO
E SALVANDO I SUOI CARCERIERI DA SICURA MORTE
1810-2010
Fucilazione di Andreas Hofer

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