Alchimia della natura: proprietà nascoste delle piante e sostanze psicotrope


Infuso a freddo di erbe e fiori


Gli esseri viventi hanno sempre dovuto farsi strada in un giardino selvatico di fiori, piante rampicanti, foglie, alberi e funghi che non offrivano solo nutrimento, ma anche veleni mortali. Conoscere tali sostanze è essenziale per la sopravvivenza di qualsiasi creatura, eppure tracciare una linea divisoria del mezzo del giardino, come fece il Dio della Genesi, non sempre funziona. Il punto è che esistono piante che fanno qualcosa di più bizzarro che non sostenere o estinguere la vita. Alcune guariscono; altre eccitano, calmano o placano il dolore corporeo. Ma la cosa più straordinaria è che nel giardino vivono piante che fabbricano molecole con il potere di modificare l’esperienza soggettiva della realtà che chiamiamo “coscienza”.

A cosa dobbiamo una cosa simile? Perché l’evoluzione ha prodotto piante in possesso di tale magia? Che cosa le rende tanto irresistibili per noi (e per molte altre creature), quando il loro impiego può avere un prezzo molto alto? Qual è la conoscenza offerta da una pianta come la cannabis, e perché è proibita?

In effetti, l’inclinazione umana per le droghe potrebbe essere l’effetto collaterale di due comportamenti adattivi del tutto diversi. Perlomeno è questa la teoria proposta da Steven Pinker nel suo: Come funziona la mente. 

Pinker evidenzia come l’evoluzione abbia provvisto il cervello umano di due facoltà (apparentemente) distinte: una capacità superiore di risoluzione dei problemi e un sistema interno di risposte chimiche, tale per cui, quando un individuo compie qualcosa di particolarmente utile o eroico, il suo cervello è inondato di sostanze chimiche che gli procurano benessere. Se mettiamo in relazione la prima facoltà con la seconda, otterremo una creatura che ha capito come usare le piante per far scattare artificialmente il sistema di risposta del cervello.

Non è detto però che farlo sia positivo, Ronald Siegel, esperto di intossicazioni negli animali, dimostrò che gli animali in stato d’ebbrezza a causa delle piante erano più soggetti agli incidenti, più vulnerabili rispetto ai predatori e meno solleciti con la prole. 

L’ebbrezza è pericolosa. Ma questo non fa che approfondire il mistero: Perché il desiderio di alterazione della coscienza non si attenua davanti a tanti rischi? O, per dirla in altro modo, perché non si è semplicemente estinto, secondo il criterio della competizione darwiniana (la sopravvivenza del più sobrio)?

I greci compresero che la risposta alle domande sulle sostanze inebrianti (e su molti altri grandi misteri della vita) era sia positiva che negativa. Il vino di Dionisio era un flagello e una benedizione. 

Usate con criterio e nel giusto contesto, molte droghe vegetali sono senza dubbio vantaggiose per chi le consuma: ingannare la chimica del cervello può rivelarsi di grande utilità. Il sollievo dal dolore, benedizione di numerose piante psicoattive, è solo l’esempio più ovvio. Piante stimolanti, come il caffè, la coca e il khat, aumentano la capacità di concentrarsi e lavorare. Le tribù amazzoniche assumono droghe particolari che le aiutano nella caccia, aumentando la resistenza, la capacità visiva e la forza. 

Ci sono piante psicoattive che rimuovono le inibizioni, stimolano l’impulso sessuale, smorzano o accendono l’aggressività, e calmano le acque della vita sociale. Altre rilassano, aiutano a addormentarsi o a rimanere svegli oppure permettono di sopportare miseria e noia. Tutte queste piante sono, almeno in potenza, strumenti mentali: le persone che sanno come usarle nel modo giusto potrebbero affrontare la vita di tutti i giorni meglio di chi non lo fa.

Recensione a cura di Paolo D'Arpini


"La Botanica del Desiderio" di  Michael Pollan


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Di questo e simili temi se ne parlerà durante la Tavola Rotonda: "La memoria è nel seme" che si tiene a Treia, presso il Circolo vegetariano VV.TT. In via Sacchette 15/a,  l'8 dicembre 2013 alle h. 15.30 - Info: 0733/216293 - circolo.vegetariano@libero.it 

Programma completo:



La memoria è nel seme... e non nell'isola dei pazzi di Spitsbergen

....la memoria è nel seme...



L’analisi sistematica delle specie vegetali presenti nel mondo iniziò nella fredda Svezia nella metà del ’700, dove Linneo e la schiera dei suoi discepoli si presero la briga di raccogliere informazioni sulle specie arboree, sistemando un catalogo botanico di tutto ciò che cresce sulla faccia della Terra.

Potremmo dire che Linneo avviò la prima "banca del seme" egli era un ricercatore amante della natura e la sua opera era a vantaggio di tutta l’umanità.

Oggi, strano a dirsi, l’onere dello studio e della conservazione  delle erbe commestibili ed officinali è passata dai ricercatori erboristici alle multinazionali, fra cui la Fondazione Rockefeller, Monsanto e Syngenta, i due colossi del geneticamente modificato.  Infatti non distante dalla patria di Linneo, nelle fredda isola di Spitzbergen nel mare di Barents, esse hanno costruito una mastodontica superbanca di tutte le sementi presenti nel mondo.

"Una banca scavata nel granito, con speciali aeratori, portelloni e muraglie in cemento armato a prova di bomba"

Forse ci si aspetta la fine del mondo? Oppure semplicemente si cerca attraverso i brevetti di appropriarsi dei diritti d’autore della vita sul pianeta?

Non voglio però assumere un atteggiamento catastrofista, poiché di situazioni drammatiche il pianeta Terra ne ha vissute ben altre. Quello che conta è il mantenimento dell’intelligenza e della capacità di sopravvivenza e tale capacità, come abbiamo visto accadere nell’isola di Bikini, sede degli esperimenti nucleari francesi, ha una forza inimmaginabile. Infatti lì dove ci si aspettava la morte si è invece scoperto un ecosistema eccezionalmente vitale e prospero, soprattutto in "assenza" dell’uomo.




L’isola dei pazzi di Spitsbergen sarà come la torre di Babele, ne son certo, in quel fortilizio del "valore aggiunto" resterà solo un accumulo morto di informazioni. La capacità elaborativa della vita si farà beffe dell’arroganza "scientifica" e, malgrado l’apparente cecità, l’uomo non potrà distruggere la vita (di cui egli stesso è emanazione). E questo malgrado la sterile raccolta umana di informazioni, che ha preso il sopravvento sulla capacità di riscoprire giorno per giorno la freschezza della vita, alla fine la capacità di conservazione saprà "affermarsi". Lo vedo in quel che succede negli interstizi dell’asfalto, in mezzo alle immondizie, tra i veleni più pestilenziali di questa società opulenta e un po’ tonta…

Eppure l’uomo è la somma di una complicata rete di complessi, psicosi, nevrosi, istinti, fissazioni e intuizioni. Ora pare che le multinazionali, le stesse che provvedono ad avvelenare e distruggere il pianeta, vogliono conservare l’intero patrimonio genetico della terra?

Vediamo cosa succede!

Paolo D'Arpini
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Di questi argomenti se ne parlerà durante l'incontro che si tiene a Treia: "La memoria è nel seme "-  l'8 dicembre 2013. 


Programma 8 dicembre 2013 – Circolo vegetariano VV.TT. di Treia. Via Sacchette, 15/a  (vicino Porta Mentana)
h. 10.30 – Sonia Baldoni accompagnerà i partecipanti in una escursione erboristica per scoprire le erbe commestibili invernali. Partenza dalla sede del Circolo.
h.13.30 – Condivisione delle bevande e del cibo vegetariano da ognuno portato, venire muniti di proprie stoviglie, piatti e bicchieri. Verranno anche preparate le erbe raccolte durante l’escursione, per una degustazione collettiva.
h. 15.00 – Apertura del tavolo del baratto. Ognuno è invitato a portare conserve alimentari contadine e frutta secca ed oggetti artigianali auto-prodotti, nonché propri libri, disegni od altro materiale artistico da scambiare liberamente.
h. 16.00 – Tavola rotonda “La memoria è nel Seme”, con relazione introduttiva del prof. Alberto Meriggi. Interventi a rotazione.



Paolo D'Arpini in campagna

Info. bioregionalismo.treia@gmail.com  - Tel. 0733/216293

Paragoni di guerra - I casi di Paul Tibbets e di Erich Priebke




Nel 1947 fu processato Kappler, le ferite del secondo conflitto mondiale erano molto più sanguinanti di quanto possano essere oggi, ma proprio perchè si era ancora vicinissimi alla guerra se ne conoscevano le leggi. E infatti Kappler, il diretto superiore di Priebke, non fu condannato per la rappresaglia in sè, che era ammessa e legittimata dalla Convenzione di Ginevra, ma perchè in un macabro eccesso di zelo fece fucilare cinque persone in più di quanto previsto. Quando gli Alleati occuparono la Germania, i francesi emisero bandi di rappresaglia nella proporzione di 20 a uno, i russi di 50 a uno e gli americani, sempre grandiosi, di 200 a uno. Ma poichè la Germania era rasa al suolo e non ci fu nessuna resistenza partigiana manco' l'occasione di applicarli.
Tibbets in un'altra occasione, intervistato da un giovane giornalista televisivo, disse: «Posso raccontarle quello che ho fatto, ma dubito che noi due riusciremo a comunicare. Lei è troppo giovane. Lei non puo' capire». Non si puo' capire in tempo di pace cio' che è avvenuto in tempo di guerra. Perchè sono due dimensioni incommensurabili, in cui vigono regole completamente diverse. Cio' che è lecito in guerra, uccidere, è assolutamente proibito in pace. Per questo, in tutti i tempi e presso tutte le culture, il passaggio dalla pace alla guerra è sempre stato segnato da rigorosi riti di demarcazione. In epoca moderna dalla dichiarazione di guerra. Negli ultimi decenni queste sane abitudini si sono perse. Oggi la guerra si fa, con cattiva coscienza e percio' non la si dichiara. Si preferisce chiamarla 'missione di pace', 'operazione di peacekeeping', 'intervento umanitario'. Con cio' ingenerando non solo una grande confusione ma spazzando via quel poco di 'ius belli' che aveva sempre regolato le guerre (per esempio nel trattamento dei prigioneri di cui, non essendoci più una guerra dichiarata, si puo' fare carne di porco, vedi Guantanamo). Quando parliamo di crimini commessi durante l'ultima guerra mondiale (che naturalmente ci furono come dimostra la sacrosanta condanna di Kappler o la strage di Cefalonia dove i tedeschi uccisero i soldati italiani loro prigionieri) dobbiamo fare lo sforzo di riferirci al contesto in cui avvennero. Se Priebke si fosse rifiutato di obbedire a Kappler sarebbe stato un eroe. Ma non era Salvo D'Acquisto, non era un eroe. Era un uomo dallo spessore intellettuale e morale di un domestico che vestiva un'uniforme da soldato. E vorrei proprio vedere fra coloro, giornalisti, opinionisti, conduttori televisivi, che oggi fanno tanto i muscolari e le 'anime belle' chi, nel 1944, avrebbe osato resistere a un ordine che veniva direttamente da Adolf Hitler.

Massimo Fini

(Fonte: http://www.massimofini.it/)

Circolo vegetariano VV.TT. di Treia - Festeggiamenti matristici dell'8 dicembre 2013 - E storia della Madonna Nera

L'8 dicembre è tradizionalmente il giorno in cui si festeggia l'Immacolata e da questo giorno iniziano anche i festeggiamenti solstiziali invernali. 





Da parecchi anni, noi del Circolo Vegetariano VV.TT., celebriamo l'8 dicembre con una manifestazione "matristica". Da quando il Circolo definitivamente  si è trasferito a Treia, nel 2010, la presenza femminile si è concretizzata con la Figlia del Sarto, Lucilla Pavoni, con la Sibilla delle Erbe, Sonia Baldoni, e -ovviamente con la mia adorata compagna e "treiese d'origine", Caterina Regazzi.  Di solito  la manifestazione dell'8 dicembre prende l'avvio con una passeggiata attorno alle rupi, cercando le ultime erbe prima della neve (anche se lo scorso anno iniziò a nevicare forte proprio quel giorno e ci siamo limitati a gettare semi nell'orto dal terrazzino di casa). Speriamo che stavolta il tempo sia clemente...

Vi ho già parlato della storia antica di Treia. Dell'origine del nome romano, derivante dalla dea Trea, un appellativo di Iside.

Il culto della "Grande Madre"  è a Treia molto antico... Ai lati di un chiesa, ora tenuta da frati Francescani, che sorge sopra l'antico tempio di Iside sono state ritrovate diverse immagini della Dea  ed ex voto. Oggi sono oggi conservati nel nuovo museo archeologico di Treia (qui tutte le informazioni al proposito: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2011/11/treia-la-sua-storia-tutta-in-un-museo-e.html)

Quindi l’antica città di Treia ha conservato la tradizione matristica, sotto forma di culto alla Dea Trea/Iside  che poi si trasformò in venerazione della Madonna Nera,   di cui ancora si adora una statua originale (ricavata da un sacro tronco di ebano che cresceva nei giardini vaticani a Roma).  La prerogativa di questa fede è quella di mantenere la vicinanza fra l’uomo e la natura, nel riconoscimento che la natura stessa è la nostra casa e la matrice di ogni vita.


Treia - Chiesa di Santa Chiara - Al centro immagine della Madonna Nera


La statua lignea della Madonna nera è conservata nell'angolo più antico della Treia medioevale,  -dove esisteva una torre longobarda, costruita attorno all'anno 1000- lì ci sono due conventi di suore, con belle chiese affiancate. Passeggiando due anni fa su quella strada, durante una escursione con Sonia Baldoni, trovammo un raro albero di senape ben vivo, questa pianta è nominata da Gesù in una sua famosa parabola, purtroppo oggi l'albero non c'è più, qualcuno ha pensato bene di segarlo. E dall'8 dicembre del 2011 non ci sono più nemmeno le suore (che custodivano i due conventi e le due chiese). Comunque  in una di queste chiese, quella di Santa Chiara, viene tutt'ora conservata la statua della Madonna Nera (si dice che codesta e quella di Loreto fossero due statue gemelle ma l’attuale di Loreto è una copia rifatta, dopo l’incendio che distrusse la paredra originaria). Tutta la storia ci fu spiegata da una delle suore, nel 2010 (prima che  se ne andassero) un giorno in cui bussammo al monastero. Eravamo un gruppetto ben assortito di ricercatrici e ricercatori spirituali, il convento sembrava deserto ma  dopo un po' venne  ad aprirci una suora  la quale ci  disse che non poteva farci vedere la chiesa di Santa Chiara perché la chiave ce l'avevano le suore di clausura che stavano sempre chiuse... Stavamo per andarcene quando ci ripensò e ci rincorse aprendo per noi  la chiesa  e ci narrò la storia della Madonna Nera...

Torno un momento alle suore per riportare  alcune memorie di Simonetta Borgiani che dice: "Nel nostro paesano ignorare e criticare, ricordiamoci con rispetto che loro erano comunque una istituzione, che dietro un'offerta pregavano (poi se serve o meno, loro comunque pregavano), facevano corsi a chi voleva imparare a fare lavoretti manuali, oppure ricamavano su commissione. Tra loro, curiosità che neanche io sapevo, ma che fuori da Treia era invece noto, una di loro era sensitiva guaritrice!"

Visitai ancora una volta la Chiesa di Santa Chiara e potei osservare da vicino la Madonna Nera lo scorso anno, allorché trovai il portone spalancato con un fioraio dentro che addobbava l'altare. Questo fioraio è il custode attuale, incaricato dalle suore stesse,  che apre la chiesa un paio di volte a settimana e la riempie di fiori.

Un'altra volta, verso la fine di questa estate,  ci andò anche mia figlia Caterina incuriosita dalla storia di quella Madonna,  e per fortuna trovò aperto. Si fermò anche a pregare con i figli. 



Vi ho raccontato tutti questi retroscena per ricordarvi che anche stavolta celebriamo l'8 dicembre, e quest'anno sarà un giorno festivo (è domenica). Siete invitati a partecipare.



Paolo D'Arpini - Circolo vegetariano VV.TT



Programma dell’8 dicembre 2013 – Circolo vegetarianoVV.TT. di Treia


h. 10.30 – Sonia Baldoni accompagnerà i partecipanti in una escursione erboristica per scoprire le erbe commestibili invernali. Partenza dalla sede del Circolo.
h.13.30 – Condivisione delle bevande e del cibo vegetariano da ognuno portato, venire muniti di proprie stoviglie, piatti e bicchieri. Verranno anche preparate le erbe raccolte durante l’escursione, per una degustazione collettiva.
h. 15.00 – Apertura del tavolo del baratto. Ognuno è invitato a portare conserve alimentari contadine e frutta secca ed oggetti artigianali auto-prodotti, nonché propri libri, disegni od altro materiale artistico da scambiare liberamente.
h. 16.00 – Tavola rotonda “La memoria è nel Seme”, con relazione introduttiva del prof. Alberto Meriggi. Interventi a rotazione.

Alle pareti del Circolo saranno esposte foto naturalistiche di Daniela Spurio. Una parete verrà dedicata al pittore romano Eugenio Cannistrà, di cui in passato una importante mostra fu organizzata a Treia, dal padre di Caterina, in collaborazione con il comune.

La Sede del Circolo Vegetariano VV.TT. è in Via Sacchette, 15/a, Treia (Macerata). Per raggiungere il luogo: Parcheggiare sotto le mura in prossimità di Porta Mentana (o Montana), lì nei pressi c’è una fontana antica con due cannelle, salire sino alla Porta, subito a sinistra si vede un vecchio pozzo, salire ancora per 10 metri, quella è Via Sacchette, sulla destra si vedrà un piccolo spiazzo con una porta leggermente sopraelevata su un terrazzino.
Info. circolo.vegetariano@libero.it – Tel. 0733/216293



La manifestazione si svolge con il patrocinio della Proloco di Treia


Treia, dove solidarietà, antichità, efficienza, pulizia ed eleganza si uniscono… in miniatura

Ante Scriptum - Questo che segue è un articolo che scrissi di questi tempi (ai primi di novembre) del 2010. Da poco mi ero trasferito a Treia. Forse alcune cose sono cambiate ma sento che potrei ancora riscriverlo, pur considerando i cambiamenti. (P.D'A.)



Il riscaldamento a gas non funzionava, la caldaia dopo la revisione obbligatoria sembrava essere andata in tilt, forse non era abituata a sentirsi “testata”… e così per alcuni giorni sono rimasto al fresco e senza acqua calda, nella grande casa di Treia.

Caterina, la mia amata, ospite generosa, non ha però voluto che patissi le pene alle quali ero già avvezzo a Calcata ed ha telefonato ad un termo-idraulico, che in precedenza aveva già riparato l’impianto, e una bella mattina mi son visto alla porta un signore simpatico e sorridente con il quale ho fatto pure amicizia, Maurizio si chiama, ed una volta dentro e dopo una breve ispezione ha individuato subito dov’era la perdita che mandava giù di pressione l’impianto e che impediva alla caldaia di accendersi. Senza frappor tempo in mezzo ha cominciato a scavare nella parete mettendo a nudo vecchi tubi di ferro arrugginito, uno aveva una fessurina dalla quale l’acqua zampillava giuliva.

Beh, non ci credereste, nel giro di due giorni ha guarito la parte malata dell’impianto sostituendo le tubazioni più malandate.. e oggi, dopo due giorni di “sedimentazione e controllo”, é tornato ed in poco più di mezza giornata ha richiuso e stuccato le pareti…. tappando pure i buchi di una roccia viva sottostante. Evviva, la sala, da me usata per la meditazione, ora sembra nuova…. e la caldaia ronza contenta facendo il suo dovere calorifico…. Stasera soddisfatto e pimpante sono uscito per andare “in centro” a sorbirmi il mio solito cappuccino bollente.

Treia é costruita su una lunga collina, in mezzo c’é una grande piazza, congiunta nei due lati da una specie di corso, una Via Monte Napoleone in miniatura. Sì perché questo borgo, non so perché, forse per la sensazione di efficienza e ordine, pulizia delle vie, raccolta differenziata porta a porta, giardinetti pensili ben curati, mura lucide, mi appare come una piccola Milano. La strada che unisce i due estremi della cittadina é costeggiata di botteghe luminose che da una parte all’altra fanno pendent... Da un estremo, verso la porta Vallesacco, domina la maestosa Cattedrale che (in piccolo) ricorda il Duomo, e dall’altro estremo -dove esisteva un vecchio castello longobardo- ci sono due conventi di suore, con belle chiese affiancate e persino un albero di senape ben vivo (questa pianta é nominata da Gesù in una sua famosa parabola), in una di queste chiese, quella di Santa Chiara, viene conservata una statua lignea della Madonna Nera (si dice che codesta e quella di Loreto fossero due statue gemelle ma l’attuale di Loreto é una copia rifatta dopo l’incendio che distrusse la paredra originaria).

Andando da una parte all’altra di Treia si nota la presenza di tante attività parallele, un orefice gioielliere da una parte e uno dall’altra. Un paio di baretti di qua ed un paio di là, una fruttivendola per ogni opposto, due pizzerie, qualche negozio di moda paesana, due tabaccai, etc. Insomma é un paese che fa da specchio a se stesso….

Ma tutta questa minuzia e precisione sembra quasi sprecata… già perché -come scrisse Dolores Prato- “nella piazza non c’é nessuno..”. Radi sono i passanti e radi gli avventori, anche se -lo dico egoisticamente- fa piacere in fondo entrare in un baretto e vedersi servire subito senza attese né dover chiedere, perché le ragazze “ricordano”, avendo a disposizione tavoli e divani, giornali quotidiani e pure la televisione accesa (magari quella se la potrebbero pure risparmiare… però…).

Ma non voglio perdermi in convenevoli dimenticando l’avventura di stasera, che mi ha convinto a scrivere questa memoria. Mentre salivo in piazza, appunto, ho notato qualcosa di nuovo nella vetrina di Nazareno, un fotografo artistico.. In bella mostra c’erano esposte tante simpatiche miniature lignee… Ho buttato l’occhio e Nazareno ha colto il mio interesse e si é affacciato alla porta e mi ha invitato ad entrare… Dentro il negozio/studio mi ha mostrato le sue opere, che annunciano l’avvicinarsi del Natale… una moltitudine di piccole scenografie in miniatura.. risultato di un bricolage sapiente e fantasioso.

Faccio tutto a mano usando vari materiali riciclati -ha spiegato orgogliosamente l’artista/artigiano- tutte sostanze naturali -ha precisato- per dare più significato e verità alla Natività” E sventolando alcuni ramoscelli di oleandro ha continuato a declamare (il suo parlare quasi una poesia..) ecco queste sono palme….. e vedi l’acqua di questi stagni? E’ fatta con i sali antiumidità recuperati dalle confezioni per macchine fotografiche, la sabbia del deserto di Galilea é quella del nostro mare e le rocce sono i sassi di Porto Recanati… ho raccolto questi fili d’erba secchi, queste piantine grasse sono ancora vive, un po’ di muschio, qualche pezzetto di latta per gli attrezzi… insomma ho composto questi mini-presepi usando tutti materiali di recupero…, ti piacciono?” E mentre parla continua ad esibire varie sculturine ed oggettini prendendoli da sopra il bancone e mostrandomi anche gli incompiuti a cui sta ancora lavorando…

Tanta dovizia di particolari e di attenzioni tutte per me, unico ammiratore… Mi sono un po’ commosso così ho pensato di scrivere questo raccontino.. chissà se potrà servire ad aiutare la causa?

Paolo D’Arpini

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Se Tutto è Uno a che serve mettere sul piedistallo la strana creatura che siamo?


Foto di Gustavo Piccinini

Cito da Le radici naturali dell'ordine sociale e l'elica immortale: "Già migliaia di anni fa l'idea di Natura, quale orizzonte di riferimento del comportamento e dell'ordine sociale, dunque politico, economico e religioso, era profondamente avvertita a livello popolare. 

Cielo, terra, acqua, fuoco, aria, piante, animali ed uomini, costituivano l'orizzonte dell'esistenza dei popoli antichi ed erano definiti come Neter, gli spiriti segreti divini che abitano il vivente. Per secoli i Neter hanno rappresentato un concetto chiave attraverso il quale i sacerdoti sumeri ed egizi ed i filosofi greci cercavano la verità, per penetrare il mistero della vita, della creazione e per ordinare la società. Già per gli antichi egizi, ad esempio, intermediaria dei Neter con gli esseri umani era Maat, la coscienza, fonte suprema di giustizia e di verità alla quale doveva essere informato il comportamento sociale di ogni individuo. 

Oggi sappiamo che per le lingue greca e copta l'ambito dei Neter in cui la Divinità si manifestava agli uomini come energia e vita, è la radice letterale della parola “Natura”. Era dunque nella Natura che l'antichità remota cercava i fondamenti dell'esistenza, della politica, dell'economia, della religione, del comportamento ed il modo di organizzare l'ordine sociale?".

 Premesso che i filosofi greci avevano acqusito la maggior parte delle loro conoscenze dai sacerdoti dell'antico Egitto, il loro "Hen to Pan", a mio avviso precede di secoli la fisica moderna. Sono convinto che la consapevolezza che "Tutto è Uno", renderebbe il mondo completamente diverso. Quanto alla definizione di "spirito" come "inutile" ci andrei piano, Io l'ho riferito al tempo in cui gli egizi tremavano al tramonto per la paura che il sole non risorgesse il giorno seguente. In queste condizioni di angoscia essi non potevano che affidarsi alla Natura (Neter) come a qualcosa di misterioso e inaccessibile per cercare una condizione, un appiglio che li liberasse dall'angoscia e dalla paura. 


Da questo e da fenomeni che non erano in grado spiegare, come la morte, probabilmente, nacquero i "miti". Ciò che noi oggi intendiamo per "spirito" fa parte dei "miti" che l'Umanità si è data nei secoli, ai quali ognuno è in grado di dare una spiegazione "personale". 

Da questo sono nate le credenze e le religioni. Per cercare di chiarire questo concetto riporto ancora una volta, per semplicità e perché mi torna più facile, la seguente citazione ripresa dal solito libro di cui sopra: "Davanti ai fenomeni che la Natura propone, i primitivi rischiano di perdersi, di cadere continuamente nello smarrimento, nello sconforto o nell'angoscia della morte. In "Dio nel cervello", A. Newberg ed E. d'Aquili illustrano con un esempio illuminante come gli ominidi potrebbero essere pervenuti alla genesi del mito religioso. I due scienziati immaginano che ...

"… un clan preistorico molto unito, un uomo della tribù è morto e il suo cadavere è stato deposto su una pelle d'orso. Alcuni membri del clan si avvicinano, lo toccano delicatamente e capiscono che il loro amico un tempo vivo adesso non esiste più. Quella che fino a ieri era una persona calda e vitale è divenuta un corpo freddo e inerte. Il capotribù, un uomo riflessivo si siede accanto al fuoco del bivacco e medita sulla forma senza vita che un tempo parlava e rideva con lui. Che cosa è venuto a mancare? si chiede. Come si è perso e dove è andato questo qualcosa? Mentre guarda il fuoco scoppiettante sente lo stomaco tendersi per l'ansia e la tristezza. Ha urgenza di trovare una ragione e pensa che non avrà pace finché non l'avrà trovata; ma più riflette sul tormentoso mistero della vita e della morte, più sprofonda nell'angoscia esistenzial". 

Ora - continua il racconto - mentre il capo tribù continua a macerarsi nel dolore e nella tristezza la risposta eccitatoria s'intensifica, il polso accelera, il respiro si fa rapido e poco profondo e la fronte si imperla di sudore.

"Meditando sui suoi problemi il capotribù fissa con aria vacua il fuoco, che presto brucia fino alle braci. Quando le fiamme si spengono tra gli ultimi crepitii, ha un'intuizione: il fuoco era un tempo vivo e luminoso, ma adesso è spento e presto resteranno solo grigie ceneri inerti. Quando le ultime volute di fumo salgono al cielo, il capo si volta verso il corpo dell'amico morto e pensa che la sua vita e il suo spirito siano scomparsi come sono scomparse le fiamme. 


Prima di esprimere consciamente quel pensiero è colpito da un'immagine: l'intima essenza dell'amico sale come il fumo in alto, come lo spirito del fuoco ascende al cielo."
Per i due scienziati la convinzione che produce il “mito” nasce come un'idea qualsiasi: una delle tante ipotesi che emergono continuamente nell'emisfero sinistro del cervello attraverso le quali l'uomo antico, come quello moderno, cerca di dare risposte plausibili e ordinate ai problemi complessi dell'esistenza che non è in grado di risolvere. Il racconto dei due scienziati, infatti, così prosegue:

Quando il concetto astratto dell'ascesa dello spirito al cielo affiora alla coscienza del capotribù, esso si “accoppia” con una delle soluzioni emozionali dell'emisfero destro. Di colpo l'accordo di entrambi gli emisferi induce una risonanza neuronale che invia scariche positive in tutto il sistema limbico per stimolare i centri del piacere nell'ipotalamo. Poiché l'ipotalamo regola il sistema nervoso autonomo, i forti impulsi di piacere provocano una risposta del parasimpatico, con la conseguenza che il capotribù si sente invaso da un gran senso di sicurezza e di pace. … 


L'intuizione è così fulminante da parergli una rivelazione; l'esperienza gli sembra reale in maniera vivida e tangibile. In quel momento gli opposti ”vita e “morte” hanno cessato di essere in irreparabile conflitto e sono stati risolti a livello mitico. Ora il capo vede chiaramente la verità assoluta delle cose: gli spiriti continuano a vivere. Egli pensa di aver scoperto una verità fondamentale, di aver avuto ben più di una semplice idea: la sente infatti come una convinzione arrivata dal di dentro, dai recessi più intimi della mente.2

In questa ottica credo di poter affermare che i miti possono anche essere considerati come “placebo” ad alto valore curativo della psiche umana, prodotti dai meccanismi neuronali del cervello per proteggere e conservare la vita dell'individuo dalle angosce dell'esistenza. Quando le soluzioni offerte vengono condivise con altre persone che le trovano efficaci e significative, nascono i “miti” personali e sociali come forme culturali di adattamento alla realtà.

A che e a chi serve mettere sul piedistallo la strana creatura che siamo? 

Ecco  una delle menti scientifiche più aperte che ho trovato, Lynn Margulis: "... Per avere una visione completa, i sistemi d'informazione umani soltanto ora hanno cominciato ad avvicinarsi agli antichi sistemi batterici che hanno scambiato unità di informazione come fa una rete di calcolatori, con una memoria che si è accumulata nel corso di miliardi di anni di continua attività. Quando ci si sposta da una visione dei microbi puramente medica a una visione che li interpreti come nostri antenati, come gli “anziani” del pianeta, allora anche le emozioni cambiano, dalla paura e dall'avversione al rispetto e al timore riverente. Molto prima che noi uomini cominciassimo ad evolverci, i batteri avevano inventato la fermentazione, la forma di motore rotatorio a protoni, la respirazione basata sullo zolfo, la fotosintesi, e la fissazione dell'azoto. Essi non sono soltanto esseri con un marcato comportamento sociale, ma si comportano come una forma di democrazia a livello mondiale, decentralizzata. Le loro cellule rimangono fondamentalmente separate, ma possono connettersi e scambiare geni con organismi appartenenti anche estremamente diversi. Il rendersi conto che anche i singoli individui umani rimangono fondamentalmente separati, pur potendo contattare altri individui molto diversi e scambiare con loro informazioni, può voler dire fare un passo verso l'antica saggezza del microcosmo." (L. Margulis, D. Sagan, Microcosmo, cit. pp. 95-96).


Paolo Bonacchi