I Ching - Tornare dove siamo sempre stati...




“Semplici attori, finché  separati,   poi, superata la dualità, non ha più
nessuna importanza…   Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore
unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza”.
Tema trattato.
La conoscenza di sé attraverso gli archetipi e gli elementi cinesi ed il
sistema  indiano. Indagine sulle componenti psichiche energetiche e  come
armonizzarle nelle varie condizioni della vita.
Premessa.
La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il
controllo ma,  come diceva Nisargadhatta,  noi siamo parte integrante della
manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera
possiamo esserne separati….  Di conseguenza, essendo coscienza nella
coscienza,  siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale
siamo immersi e  far sì che  il nostro pensiero e la nostra azione siano in
sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo  perenne
rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o
guerrieri -se preferite- liberi di affrontare il contingente senza paure.
“Se temi la sofferenza -diceva un samurai- come fai a combattere?”
Vediamo ora    che dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi….
12 animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottiene di incarnare le
caratteristiche psichiche  che contraddistinguono i tre aspetti di anno,
mese e ora, in base  alle propensioni naturali, di ogni essere vivente.
Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite
le 5 componenti fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua
(saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).
Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi
colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse
composizioni.  Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono
essere infiniti.  Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi  ed ai tre
aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e
movimento attraverso la quale la  coscienza individuale si manifesta (la
forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi  chiamiamo persona, è un
coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si  appropria
delle funzioni messe in atto. Lo chiamiamo: io.
Questo ‘soggetto’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa
individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando
questo “io” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai
vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un
programma), ed  è un oggetto nella coscienza.
I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio,
rappresentano:
Il senso dell’io, ego = anno di nascita; l’intelletto o intuizione = ora di
nascita; la memoria o predisposizione = mese di nascita.
Capire il senso dell’abbinamento archetipale  con le condizioni  dell’ora e
del mese di nascita, è facile da accettare giacché siamo abituati a pensare
che ogni momento della giornata ed ogni stagione ha i suoi modi, e tutte le
creature sono soggette a questi modi. Ma il primo aspetto dello zodiaco
cinese,  quello dell’anno, è  più duro a digerirsi per la nostra mentalità
razionalistica. Come è possibile che un dato anno possa essere
qualitativamente diverso dall’altro solo sulla base di un calendario
arbitrariamente deciso dall’uomo?
Impostosi nella cultura cinese e dell’estremo oriente e provenendo da una
tradizione pluri-millenaria (sicuramente di origine matristica)  il
calendario ciclico, di 13 lune e di 12 archetipi animali  (che rotano
abbinati agli elementi in turni di 60 anni),  è stato anno per anno vagliato
e corroborato dall’esperienza di milioni e milioni  di persone,  in  cui i
comportamenti corrispondevano ai modelli indicati in un raffronto oggettivo
e riscontrabile nei fatti.  Alcuni analisti vedono un significato  in un’
altra coincidenza, il  percorso dodecennale  che la terra compie attorno al
sole per fare un giro completo (una specie di viaggio in treno con 12
stazioni annuali). Si può anche fare  a meno di credere a questa “qualità
del tempo” ma stando ai risultati essa è confermata, aimè! Quegli archetipi
animali  esistono e sono riconoscibili nelle caratteristiche variegate degli
individui di tutto l’emisfero settentrionale (la nostra metà del mondo),
senza peraltro sapere cosa succede nell’emisfero meridionale (che
teoricamente dovrebbe avere valenze rovesciate).
Con tutti questi dubbi in testa, siamo un po’ come gli alchimisti che
sperimentano  onestamente e coraggiosamente con i loro tre elementi basici,
inserendo all’occorrenza nuove figure e varianti. Questo è il lavoro ingrato
e meraviglioso del “navigatore nel sé”.  L’Ulisse  in noi, disincantato e
schietto, che “vede” e  riesce ad orizzontarsi,  avverte l’odore delle cose
incombenti  per come si stanno manifestando. Non per opporvisi ma per
esprimersi al meglio e proseguire nel viaggio. Chiunque potrebbe farlo se
sta  attento ai segnali costanti e continui che la vita ci manda.
L’intelligenza intuitiva   evoca questa capacità di riconoscimento, essa
non è propriamente basata sulla percezione sensoriale o sul raziocinio ma
sulla abilità di orientarsi prima che la percezione sensoriale od il
pensiero abbiano modo di esprimersi. Quindi è una capacità
naturale -immediata- dell’intelligenza, che viene prima ancora dell’istinto.
Un sentire ed allo stesso tempo  una sintesi analogico-analitica. E’ l’
intuizione innata che ci dice tutto quello che è, come è,  senza analisi
risolutive, bisogno di prove o riscontri.
Si procede a naso -dicevo- ed infatti l’olfatto appartiene all’elemento
Terra, quello più solido. La matrice di ogni manifestazione concreta.   E’
la Terra stessa che fa nascere tutti gli esseri e li nutre in se stessa.
Mentre il Cielo energizza e vivifica con la coscienza tutte le forme. Ma
attendiamo un po’ prima di affrontare il discorso dello Yin e dello Yang e
degli elementi e torniamo ai  tre archetipi. Essi “sembrano” tre  in verità
son tre aspetti della stessa personalità. Ognuno di noi  manifesta  una
forma  esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Sul
come  sopravviene l’influenza  di una o l’altra di queste facce, sul perché
capiti  ad una piuttosto che un’altra,  diremo che è  destino!
Le tendenze innate che  si riflettono nello specchio, perennemente
cangianti, son le correnti in cui   l’io si muove.
Se  vogliamo osservare una cosa piccola  bisogna  ingrandirla attraverso il
microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci
il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’
insieme. Questa corsa in tondo verso   l’auto-conoscenza è  un vagare
trasognato, un’attenzione senza risposta,  solitudine e silenzio,
osservazione e contemplazione,  fluire limpido nei mutamenti,  sorridere nel
rincorrere  il vuoto.    Ma allora di cosa continueremo a parlare?
La fase “intermedia”  dell’illuminazione, quella del santo (uomo integro),
rientra ancora nella sfera del mentale, delle cose che possono essere
discusse e trasmesse.  Flash di realizzazione,  esperienze al limite del
transpersonale,    che contemporaneamente ci consentono di riconoscerci in
sintonia elettiva, colori dello stesso arcobaleno,  e di ciò possiamo
ancora parlare,  attraverso evocazioni consapevoli.  La trasmissione, o
meglio il riconoscimento, avviene per  immagini  (come succede ai bambini
che riconoscono l’aggregazione concettuale, il senso, di parole
sconosciute); questa “trasmissione”  può essere fatta utilizzando  vari modi
comunicativi e sensoriali:  per empatia emozionale, a voce, con lo sguardo,
con il tatto, ed anche con lo scritto, se esso rispecchia fedelmente le
qualità necessarie  e si crea un’attenzione indisturbata  al tema trattato.
Per “cristallizzare”  l’immagine: “Il santo comprende l’intrigo del mondo ed
abbraccia l’universo senza sapere perché. Questo è il manifestarsi della sua
natura”.
Ed ora una storiella:
Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Che:”Anche per i ladri esiste una
strada (Tao)?” – “Eh,  certo che  sì..  – rispose Che- Santità è intuire
dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa,
Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può
tentare, Umanità significa essere equanimi  nel dividere il bottino. Al
mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste
qualità”. (Chuang Tze)
Appendice.
Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo
in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle
percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è
una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di
cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento
interno è importante!  Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l
‘attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle
rinascite. Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci
consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e
perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona
da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo
distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere
bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli.    Non cadiamo nel delirio
dell’io separato,  anche se la coscienza che lo anima  è vera sin d’ora  e
siamo già dotati del capitale iniziale  per quella “conoscenza di sé” è
assurdo e ridicolo pensare di  “ottenerla” -strettamente parlando non è
possibile.  Essa è già integralmente manifesta qui ed ora  e quindi non
perseguibile come ottenimento altro. Presente sempre….. ma ne teniamo conto,
ne siamo consapevoli?
Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre  dire che non c’è
corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo
riconosciuta (risvegliata) per "simpatia" nel momento della  maturazione.
Siccome non è un  “conseguimento” continuiamo ad  “andare avanti a fiuto”.
Il veggente Hòu – (alias il solito Paolo D’Arpini)

Memoria sul Movimento Uomini Casalinghi - L'esperimento di Antonio D'Andrea raccontato da Paolo D'Arpini

Treia - L'esperimento della pasta fatta in casa
Da sinistra: Paolo D'Arpini ed Antonio D'andrea

“Il futuro non ha bisogno di rivoluzioni.. il futuro ha bisogno di un nuovo esperimento!” (Osho)

Fatalità volle che dopo tanti anni durante i quali Antonio D’Andrea mi aveva invitato a visitarlo a Capracotta, finalmente, per merito della mia compagna Caterina Regazzi,  andai finalmente nella cittadina molisana. 



Vista di Capracotta

La cosa avvenne in un momento estremamente auspicioso, sotto il disco blu della Luna Blu, la seconda luna piena del mese di agosto. La Luna Blu infatti si mostrò il 31 agosto del 2012, e quello  è stato il momento in cui abbiamo potuto ammirare la 13a Luna Piena (evento alquanto raro che avviene solo in alcuni anni) ed incontrare Antonio nella sua casa.  La Luna Blu viene considerata messaggera di sorprese, buone notizie e grandi gioie. Ed infatti  così fu...

Fatalità, ancora fatalità, volle che durante la permanenza a Capracotta parlassi con Michele Meomartino, il segretario di Vivere con Cura, il quale mi annunciò la sua intenzione di scrivere un libro-memoria sull'esperienza di vita di Antonio D'Andea, partendo dal suo impegno con il Movimento degli Uomini Casalinghi. Al che non potei fare a meno di rammentare che 20 anni fa al Circolo Vegetariano VV.TT. di  Calcata  si compiva il rito del primo festival nazionale del Movimento Uomini Casalinghi.

Una memoria giornalistica del fatto l'ho conservata  nel nostro archivio storico, dove sono stipati migliaia e migliaia di articoli sugli eventi da noi vissuti. In particolare quel primo festival casalingo al maschile attirò l'attenzione di tutti i giornali e riviste nazionali oltre a tutte le Reti  Radio TV nazionali e locali, ma non posso riportare tutto, ovviamente lo spazio a mia disposizione non me lo consentirebbe.. ma  leggete  cosa scriveva Antonello Palieri dell’ADNkronos su quell'evento:

Roma, 1 set. 1994 – (Adnkronos) – Il momento è giunto. Il ”Movimento uomini casalinghi” tenta di realizzare una fondazione e di definire una strategia sindacale per tutelare la categoria. Luogo, il centro antico di Calcata (Viterbo), sopravvissuto agli ordini di demolizione del ministero dei Lavori pubblici e infine diventato sede permanente di una comunità di artisti, ecologisti, vegetariani e liberi pensatori. L’appuntamento -anche per i non addetti ai lavori-  è al circolo vegetariano in piazza Roma 22, nel centro storico di Calcata.




Calcata  vista  da Narce  nella  Valle del  Treja


L’incontro era stato programmato come ”Primo congresso nazionale dei casalinghi – maritati e scapoli che si dedicano per scelta o per necessita’ alla cure domestiche”, poi si e’ preferito un festival. Gli artisti di Calcata sono riusciti infatti a imporre un loro modello contro ”ogni tentazione politico-burocratica.”

In apertura del Festival, Antonio D’Andrea, fondatore del Movimento uomini casalinghi, e Paolo D’Arpini, presidente del Circolo vegeteriano VV.TT., presenteranno un’edizione speciale del ”Bullettin-Calcata” dedicata alla ’storica rivendicazione’.

Sarà poi inaugurata la mostra ”Il cavalluccio marino: quando è lui a rimanere incinta: 25 pannelli sul ruolo materno dei maschi”. Saranno anche proiettate diapositive sulle ”pratiche conviviali degli uomini casalinghi” e sara’ ”analizzato il testo ‘Vivere con cura’ di Emanuela Rodriguez”. Infine sarà discussa la proposta di aprire a Calcata una comunità per uomini di casa”.

Vorrei però aggiungere altre mie memorie personali su alcuni degli aventi vissuti assieme ad Antonio D'Andrea nel corso dei vent'anni di conoscenza.  Ad esempio  il 15 settembre 1996, presente Antonio,   ci battemmo per il riconoscimento di un nuovo ordinamento regionale basato sul ”bioregionalismo” (luoghi riconoscibili per le affinità culturali, dialettali, della flora e della fauna) e su effettive automonie locali. Il 15 settembre, lo stesso giorno dell’imbarazzante ‘uscita fluviale’ di Bossi, noi riproponemmo l’Italia dei bioregionalismi e del federalismo effettivo che "unisca nel nome d’Italia -ma nel rispetto autentico delle autonomie- e non separi quanto è stato unito attraverso drammatiche e secolari vicende". 


Lo riproponemmo sull’altra sponda del Po,  in una manifestazione a San Benedetto del Po, per rilanciare il modello etrusco come metodo di aggregazione federalista in chiave bioregionale. Mentre Antonio aveva allestito il banchetto con i suoi saponi naturali e le riviste di Vivere con Cura io giravo per il campo a discutere con i vari convenuti e giornalisti. Infatti in quella occasione conquistammo anche un occhiello in prima pagina su Repubblica e diversi articoli su altri quotidiani nazionali.

Tornando al movimento uomini casalinghi sento  lo stimolo di esprimere le motivazioni che mi spinsero ad aderire, sono motivazioni umane, essendo io stesso un casalingo e ragazzo padre, forse il primo in Italia ad avere avuto (nel 1985) l'affidamento ufficiale di mio figlio Felix (da quando aveva un anno e mezzo) ed anche per ragioni culturali per i miei interessi ecologici e spirituali.  



Esempio di parità fra i sessi

In questo contesto, secondo me,  occorre “inquadrare” la cultura femminista in un panorama più ampio che è quello dell’integrazione fra il maschile ed il femminile, osservando anche i passi fatti in tal senso nelle antiche civiltà d’oriente e d’occidente e nella società presente, attraverso il superamento dei canoni legati al genere. Infatti, secondo me,  non soltanto è necessaria una pratica paritaria in vari ambiti della vita quotidiana, ma occorre cercare ispirazione anche nella compartecipazione vissuta  in vari contesti di civiltà umana. Ricordo qui ad esempio la Teoria della Pansessualità espressa dallo studioso Peter Boom, con cui lavorai assiduamente per assicurare alla sessualità una valenza universale senza preferenze di genere o di modi espressivi.

Ma non posso far a meno di considerare quei modi che mi hanno aperta la strada della ricerca in quell’affascinante mondo popolato al femminile, che nei miei sogni innocenti considero una sorta di paradiso terrestre. Ma dal paradiso terrestre siamo stati scacciati, almeno così dice la Bibbia, forse però questa è solo una assunzione “religiosa” – magari anche un po’ pretenziosa – poiché sulla terra ci siamo ancora e forse potremmo immediatamente ritrovarci in quel “paradiso perduto” il momento stesso che la nostra vita trovasse l’armonia fra uomo, natura ed animali. Prima di tutto -però- quel che è da riequilibrare è il rapporto fra i due generi della nostra specie, il femminile ed il maschile…




Libertà espressiva al femminile - Dipinto di Franco Farina

Yin e Yang, come dicono i cinesi, sono le due forze interconnesse, Terra e Cielo, che creano il mondo… Ma non voglio solo parlare di cultura cinese, vorrei qui approfondire il discorso sulla cultura pre-patriarcale e di come viene descritta dai vari ricercatori che si occupano di questo tema. Vediamo infatti che negli studi su alcune società egualitarie, questa armonia fra il maschile ed il femminile, definita “matrismo” (talvolta gilania), dal punto di vista etimologico non è il ‘potere delle madri’ contrapposto a quello dei padri (patriarcato), bensì la comprensione che in queste società evolute  si tiene in alta considerazione la funzione materna come principio intorno a cui si organizzare la società, essendo il rapporto d’amore e di cura madre-figli l’aspetto fondante  ove non esistono le gerarchie tipiche del patriarcato.

Nell’incontro equanime fra i generi non c’è il dominio, il valore centrale è il rispetto delle differenze, per cui non esiste la disparità. Questa armonizzazione rappresenta un’alternativa praticabile al patriarcato maschilista. E non comporta la femminilizzazione dell’uomo o la mascolinizzazione della donna, bensì l’armonia fra le funzioni maschili e femminili.

Ma non dimentichiamo le battaglie odierne per la parità  dei diritti, a forza di dai e dai, con vari incontri nazionali, convegni, etc. finalmente le istituzioni si mossero e dal maggio 2011  una sentenza della Cassazione ha stabilito che anche i mariti delle casalinghe possono godere di un periodo di allattamento. Quasi una piccola rivoluzione. E che la rivoluzione avvenga, così si possono raggiungere maggiori traguardi e tutele familiari.



Paolo D'Arpini
Presidente del Circolo Vegetariano VV.TT. e Referente della Rete Bioegionale Italiana


Calcata - Incontro conviviale al Circolo vegetariano VV.TT.
Da sinistra: Paolo D'Arpini ed Antonio D'Andrea 

Spiritualità laica e tracce di memoria.... Calcata e Paolo D'Arpini nel racconto di Alberto Mengoni


Tracce di memoria - Calcata


Un mio caro amico dei bei tempi andati  mi ha chiesto di metter giù una lettera testimonianza dei miei ricordi su Calcata e sul Circolo Vegetariano VV.TT. Lo  faccio con un po’ di difficoltà, non tanto perché di ricordi non ne abbia – che anzi, ne ho molti e molto importanti – quanto perché, oggi come oggi, sono assai restio a tirar fuori dalla memoria ricordi e cose che riguardano ciò che è stato il mio passato. Però, un ricordo su tutti è stampato bene nella mia memoria, e cioè quello della prima volta che capitai a Calcata. 
Fu verso la fine degli anni settanta, credo nel '77 o '78. A quel tempo vivevo la mia vita con Mara, una deliziosa ragazza bionda di 20 anni (io ne avevo circa 36 o 37), con cui avevo una relazione alquanto passionale, ma anche ‘burrascosa’, dato che lei aveva lasciato la sua famiglia e gli studi, per venire a stare con me.Ovviamente, questa relazione non durò a lungo, a causa di ripensamenti e varie problematiche che occorsero tra noi; infatti passati quattro anni, dopo che i suoi genitori la convinsero che non era il caso di convivere con un divorziato (che tale io ero) lei tornò dai suoi, ed io proseguii nella mia ricerca esistenziale, incontrando così altre compagne con cui, anche con loro, ebbi modo di venire ancora a Calcata. 
Allora, quella prima volta… Mi sembra di ricordare che fosse un sabato mattina di una splendida giornata primaverile. Dopo esser stati in un luogo chiamato ‘monte gelato’, in cui vi sono delle magnifiche cascatelle formate dal fiume Treja, decidemmo di andare a visitare Calcata, che a quei tempi era nota per esser il rifugio di artisti anticonformisti e pittori, scrittori e scultori un po’ beat ed esistenzialisti, tipici di quegli anni. Giunti nella piazzetta iniziale, vedemmo l’insegna del Circolo VV.TT. che mi incuriosì, perché su AAM – Terra Nuova avevo letto della sua filosofia  laico-spirituale d’avanguardia. 
E così, mi infilai nella porticina che dava su alcuni scalini con ai lati delle bacheche sotto vetro, contenenti strane boccettine e alcuni libri e riviste di macrobiotica, di spiritualità orientale e di cultura vegetariana. Sempre più incuriosito, mi lasciai tentare e comperai una piccola bottiglietta di ‘propoli’ liquido e, siccome dall’interno di questa casa (che ora non è più la sede del Circolo) proveniva un buonissimo odore di sana cucina macrobiotica e vegetariana, decidemmo di rimanere a pranzo. 
Da quella volta, la mia amicizia con Paolo D'Arpini si rafforzò, e negli anni successivi, grazie agli interessi e visioni comuni, si fecero diverse cose insieme. Mi ricordo di parecchie serate passate, insieme a tanti altri amici, a progettare azioni e attività socio-culturali, sempre con una visione rivolta al benessere ed alla emancipazione spirituale delle persone,con il punto centrale rivolto verso la salute psico-fisica e la sana alimentazione. In una di quelle serate, mi ricordo che si dette vita al “progetto”  della Spiritualità laica, con l’intervento di altre personalità, come noi interessate a quegli importanti argomenti. 
Mi ricordo alcune notti di   fine-d’anno passate nella sala da pranzo e poi, fuori, giù nelle grotte, con la partecipazione di numerose persone con cui facemmo delle sante meditazioni di buon auspicio per il nuovo anno che doveva venire…
Mi ricordo anche di bellissime passeggiate lungo i sentieri del Parco Valle del Treja, in mezzo alla lussureggiante vegetazione, immersi nell’autentica spiritualità della natura, felici di esistere, e di essere tutti insieme in quello splendido e meraviglioso ambiente, non ancora contaminato, come invece già erano le città da cui provenivamo… 
In seguito, però, le cose andarono in un modo un po’ diverso. Per quanto mi riguarda, con l’avanzare dell’età e con l’imbarbarimento di questa nostra società che, da qualche decina d’anni, si sta terribilmente trasformando in una civiltà desolata e decadente, non ho più sentito lo stimolo a ‘relazionarmi’ con gli altri esseri umani…  
La mia visione del mondo, grazie alla ininterrotta e profonda pratica spirituale del Chan, è cambiata, e quello che una volta mi sembrava essere un premio al nostro esistere in questo mondo (ovvero, situazioni e ambienti piacevoli che sempre andavamo cercando con ostinata volontà) all’improvviso mi è apparso in tutta la sua brutale e sconcertante verità, cioè la constatazione che le cose sono in continuo mutamento, e tutto quello che si insegue diventa, alla fine, solo un doloroso ricordo. 
Le persone invecchiano, e poi muoiono (e quindi, anche noi stessi), i panorami cambiano a seconda della velocità di distruzione dell’ambiente, e la pace tra gli esseri viventi sembra sempre più difficile da mantenere. 
Perciò, alla luce di questa disillusa comprensione di come la vita è veramente per tutti noi (ciò che nel gergo buddista è chiamato legge del karma), ho deciso di ritirarmi a vita privata e di dedicarmi esclusivamente alla preparazione del mio processo finale, cioè quel momento in cui la nostra mente dovrà passare, dal suo stato di esistenza all’interno di un corpo materiale, allo stato vuoto del nulla metafisico, volgarmente chiamato ‘estinzione’.  Ecco perché non sento più il desiderio di relazionarmi con gli altri morti viventi  i quali forse sono completamente inconsapevoli di questa loro condizione,  né mi sento più di voler rinvangare ricordi ed episodi passati di una vita che non può più ritornare ad essere quella che è stata. 
Non si pensi che questa sia solo una visione pessimistica dell’esistenza. Basterebbe soltanto fare una profonda analisi interiore di ciò che siamo ora, di quanta acqua è passata sotto ai ponti della vita, e di come le cose alla fine portano solo una terribile delusione, dopo che ci hanno ingannevolmente illusi sulle loro irreali qualità di ‘permanenza’, per poter capire quanto è ‘vera’ la Via che ci invita ad abbandonare  le illusioni ed a meditare in profondità sulla ‘vacuità’ di questo mondo materiale.  
Eppure  permangono nel mio ricordo quei bei momenti che ci sono stati, le amicizie che abbiamo sviluppato e le buone azioni… Quest’ultime, in fondo, saranno la nostra speranza futura di una buona e favorevole ‘reincarnazione’, così da poter ancora sperimentare una esistenza in questo mondo ma, stavolta, forse, con quella più evoluta capacità di coscienza che ci permetterà di capire fin dall’inizio la vera realtà dell’essere, e quindi di non venir più ingannati dalla ruota del tempo, testimone di un passato che non può più ritornare. 
Concludo con un sincero augurio a tutti voi di entrare nella comprensione che il mondo non è ‘realmente’ come ci appare, ma ha un misterioso segreto che deve essere ’svelato’. L’approccio ad una via spirituale autentica, che ci tolga le bende dagli occhi e ci mostri la vera faccia della realtà, è per tutti il miglior modo di arrivare a questa comprensione.  
Ma ora ho ancora un ringraziamento da fare. Vada il mio *grazie*  al Circolo Vegetariano VV.TT., per aver  fatto parte del mio sentiero spirituale, che alla fine mi ha permesso in seguito di raggiungere questa comprensione.

SHANTI! 

Alberto  Mengoni


Sirene nella valle, echi di bioregione

Dipinto di Franco Farina


Non sono frequenti le sirene, nella mia valle. Qui, in Vallassina,
sopra Erba e tra Como e Lecco, siamo poco più di diecimila persone e
divisi in una mezza dozzina di piccoli comuni, dai 500 ai mille e
passa metri del Monte San Primo.

Quando sono a scuola e vi sono tutti i giorni da anni, quando passa
un'ambulanza o un camion dei pompieri o una pattuglia di carabinieri,
più rara , qui, la polizia, regolarmente gli alunni non possono fare a
meno di alzarsi tutti, almeno di provarci e di affacciarsi alle
finestre per cercare di capire di più.

E poi, questo non ho ancora compreso bene bene perchè, dicono "Sergio"
a scopo scaramantico, apotropaico, scriverebbero i dotti.

Io non ripeto "Sergio" come i miei ragazzi ma una serie di riflessioni
mi viene spontanea.

Avevo una relazione molto intensa, una storia d'amore finita, per
colpa mia ma questa è un'altra storia, con una collega romana, abitava
proprio di fronte al San Camillo, a Monteverde, a Roma. Il San Camillo
è uno degli ospedali più grandi della capitale e quindi d'Italia,
ricordo che l'andirivieni delle ambulanza, della polizia, dei
carabinieri, spesso non era infrequente assistere all'abbassarsi ed la
levarsi in volo di elicotteri.

Un andirivieni continuo, ambulanze di giorno e di notte, sirene ad
ogni ora della notte. E per la mia compagna, assolutamente normale.

Non credo che ci siamo soffermati più di dieci minuti su questo
ospedale e le sirene incessanti. Rammento invece molto meglio, e
perchè no, con molta nostalgia, il bel terrazzino all'ultimo piano
dove viveva lie. Rammento le belle piante che curava con amore e che
anch'io contribuivo a potare, riprodurre, diradare. Era un angolo di
Roma nel quale permangono molte zone verdi. La mia compagna di allora
predisponeva cibo per gli uccellini e quelli venivano, accorrevano a
frotte, nascosti dietro le tende assistevamo a quei pasti silenziosi
di cincie, passerotti, picciono, venivano, meno benvenuti, anche
grosse cornacchie e a volte, gabbiani.

Io penso alle sirene del san Camillo e mi rendo conto di vivere in una
bioregione ben determinata anche affettivamente.

Quando , sia dalle ampie e luminose finestre della mia scuola che da
quelle altrettanto grandi e con una bella visuale sulla valle, odo
delle sirene, specie quelle allarmanti, mi hanno spiegato che quando
ci sono diversi mezzi e anche una vettura delle forze dell'ordine al
seguito, c'è da preoccuparsi, resto ad osservare. Ed io ed i miei
alunni ne abbiamo ben donde: qui siamo pochi, quella autoambulanza,
quel camion dei pompieri è certo che si sta recando da qualche parte
ma sempre presso qualche nostro parente o amico.

E' una sensazione di allarme e di ansia che si manifesta in noi,
nessuno di noi può esser certo che non ci sia accaduto qualcosa di
brutto a casa o nei pressi.

Siamo una comunità che si conosce, quante volte, tutti gli alunni
della locale scuola media sono miei  alunni, è successo che, facile
profeta, una disgrazia abbia toccato qualche genitore o parente loro.
Le nostre sirene hanno una eco ed un suono che ci angoscia, sono le
"nostre sirene" quelle ambulanze vengono per noi, non sono quelle del
San Camillo, non sono impersonali, non abbiamo la ventura di vivere in
una metropoli di milioni di abitanti, qui, la campana, quando suona,
suona per ciascuno di noi.

Anche questo, anche questa precisa sensazione, assurda in città, di
fare parte di una comunità dovuta a queste sirene, alla paura che ci
infondono ogni qualvolta le sentiamo, anche questo è un elemento da
tener presente, quando si vuole eviscerare che cos'è, qual'è l'anima
di una bioregione.

Non solamente il nostro fiume, il Lambro, non solamente le nostre
montagne ben disposte a freccia verso Bellagio e delimitate dai due
rami del Lario verso Como e verso Lecco, non solamente questo
determina il nostro vivere bioregionalista, quelle sirene e tutta
l'angoscia che ci mettono addosso danno il suono , eco viva, alla
nostra comunità valligiana vallassinese.

Per cui, lascio che i miei allievi pronuncino a voce alta il loro
misterioso "Sergio!" come scongiuro sonoro, io ricorro a quelli
tradizionali.

Teodoro Margarita

Forma, colore, sapore delle piante e loro caratteristiche psichiche…

Dipinto di Francesca Cavani

In natura tutto segue uno schema di corrispondenze. Potremmo affermare che  ogni forma vivente assume aspetti psicosomatici che corrispondono alle qualità incarnate.

Questo fatto era noto sin dalla più remota antichità, all’uomo ed agli animali. Infatti confidando nella innata comprensione essi si curavano sentendo attrazione o repulsione per certe specifiche piante o alimenti. Questa naturale pre-conoscenza è stata alquanto offuscata dal momento che l’uomo ha preferito  seguire un metodo limitatamente  scientifico che, essendo imperfetto data la natura stessa dei mezzi utilizzati, nel corso del tempo ha impedito la continuità di questa innata pre-conoscenza.
  
Pian piano l’uomo scientifico, per mezzo della sperimentazione empirica, ha tentato di ricostruire un sistema di conoscenza che però –tutto ritorna infine-  oggi si scopre sempre più affine alla pre-conoscenza connaturata degli antichi. 

Il viaggio a ritroso verso la riscoperta di ciò che era ovvio inizia proprio contemporaneamente alla ricerca scientifico-medica. Una pietra miliare di questa riscoperta è la individuazione degli oligo-elementi  le cui tracce sono presenti ovunque nel regno vegetale ed animale.  Un’importante parte in questo processo di identificazione fu compiuto dal bolognese Meneghini che nel 1745, in pieno secolo dei Lumi, scoprì la presenza di ferro nel sangue umano. Poi nel 1775 Schelle individuò il manganese nelle ceneri vegetali e da allora la lista degli oligo-elementi non ha fatto altro che crescere. Nell’uomo ne sono stati individuati una ventina, essi risultano indispensabili all’equilibrio fisiologico ed ogni carenza in uno di questi comporta manifestazioni patologiche più o meno gravi.


“L’organismo appare come un tipo di oligarchia  in cui un’enorme massa di elementi passivi è dominata da un piccolo numero di elementi catalizzatori” (Gabriel Bertrand)  Gli oligo-elementi infatti presiedono agli indispensabili processi catalitici degli scambi di cui il nostro organismo è la sede permanente.  Da ciò si può intuire l’importanza degli oligo-elementi  nei fenomeni biologici avvalorata dalle funzioni vitaminiche ad essi collegati. Ma torniamo alla pre-conoscenza  che ha consentito agli esseri viventi  il mantenimento della struttura psicofisica in euritmia.

E qui dobbiamo iniziare un discorso che avrebbe dell’eretico se volessimo ragionare solo in termini di analisi scientifica. Nell’antichità –sotto forma di proverbi e detti popolari- sono stati tramandati alcuni “segreti” sulle qualità delle piante, Purtroppo in Europa in seguito alla grande persecuzione legata all’oscurantismo religioso molti di questi segreti e parecchi liberi pensatori finirono in cenere… Perciò molti “saperi” scomparvero o vennero travisati e contorti. Ciononostante in varie parti del mondo restò la preveggenza, sia a livello istintuale sciamanico (come nel caso delle tribù primitive dell’Amazzonia che conoscono tutte le qualità delle loro piante) sia a livello di tradizioni popolari più o meno  valide. In questo contesto si inserisce la  classificazione delle piante e delle loro qualità sulla base del colore, del sapore e della forma… 

Questa descrizione psicosomatica –ad esempio- è tutt’ora  eseguita nel sistema integrato cinese in cui psiche e natura sono considerate strettamente interconnesse.  Questi stessi aspetti  sono per altro utilissimi nell’individuazione delle carenze di oligo-elementi.  

Altrettanto valida è anche la macrobiotica giapponese  ma tali conoscenze non scarseggiano nemmeno nella tradizione erboristica nostrana. Secondo la tradizione popolare la forma il colore ed anche il sapore delle piante che spontaneamente  crescono nella propria bioregione di appartenenza sono correlati ed interagiscono con gli organi cui esse corrispondono. Ad esempio la noce, che assomiglia al cervello umano, è correlata ed influisce positivamente con questo organo. Oppure la coda cavallina (che ricorda la coda dell’equino) è raccomandata per le carenze di minerali. Poi scopriamo che le foglie della polmonaria (somiglianti visivamente a questi organi)  vengono raccomandate dai contadini come antiasmatico, oppure lo stramonio (una pianta psicotropa detta anche erba del diavolo) con i suoi fiori osceni e cavernosi è abbinato ai mali della psiche… Insomma tutto corrisponde al tutto e per essere in buona salute gli organi del corpo umano debbono mantenere un equilibrio funzionale interno e rapportarsi armonicamente gli uni con gli altri e perciò si dice che la forma, il colore ed il sapore delle piante  rimandano all’organo sul quale agiscono. Nella tradizione cinese si fa un preciso  riferimento ai colori ed agli organi. I cibi di colore  verde sono collegati  al fegato (legno), quelli di colore rosso agiscono sul cuore e sulla vista (fuoco),  i gialli (terra) su stomaco, milza e pancreas,  i bianchi (metallo) sui polmoni ed infine quelli blu scuro o nero (acqua) espletano un’azione sui reni. Ed anche i sapori hanno  una forte influenza sulle funzioni fisiologiche. Il sapore acido è astringente quindi in grado di sciogliere i blocchi che ostruiscono la circolazione dei liquidi interni. Il dolce rilassa, armonizza e porta energia. Il piccante mobilizza l’energia, esteriorizza i liquidi ed è considerato ottimo contro le malattie da raffreddamento. Il salato è emolliente, scioglie noduli e masse.
  
Questo è solo un piccolo input per approfondire la memoria spontanea di ciò che è sempre stato e sempre sarà. Quella conoscenza –o pre-conoscenza- che consente spontaneamente alla vita di procedere per il suo giusto verso.  Termino  con una definizione  linguistica sul significato di “catalizzatore”. Secondo Polonovsky “i catalizzatori sono sostanze che con la loro semplice presenza, senza alcuna partecipazione attiva,  causano reazione che senza di loro non si sarebbero prodotte..”

Paolo D'Arpini

Pensieri, poesie ed intendimenti bioregionali



Poesie di autori bioregionali


Quel che conta

sono i sentimenti

le radici intrecciate

che scrivono la storia

nella terra soffice e fertile.

Liberiamo le nostre emozioni

il calore si espanderà

su tutte le superfici

del nostro corpo.

Difficili sono le vie

della trasformazione

il tempo di una vita

forse non basterà

ma il cammino

deve continuare e

uniremo il potere delle rocce

alla velocità dei venti.


Jaqueline  Fassero



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Notte

 

Nella campagna alle porte di Viterbo

nel suo rifugio di cartone e compensato

iernotte hanno trovato i carabinieri

morto di freddo un uomo

immigrato dalla Romania, mio coetaneo.

Non e’ una notizia

non e’ niente

e’ solo l’orrore

quotidiano.

L’orrore quotidiano

di un paese razzista che sperpera

miliardi di euro per comprare

cacciabombardieri

ad armamento anche nucleare

e lascia morire di freddo i poveri cristi.

 

Beppe Sini


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Nel cuore dove


tutte le strade si incrociano,


si incrociano e continuano,


dove tutto ciò che noi


amiamo si unisce dove


il meglio, dentro di noi,


vola


Gary Lawless


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Poesia del giorno dopo:


Il cardellino dallo splendido manto


intona nell’aria un melodioso canto.


Solitario, volò tra spini di cardo


rubandone i semi senza riguardo


proprio a colui che gli diede nome.


Poi vinto, alfine stanco,


si isolò al mondo


ponendo il suo nido sul ramo più alto.


L’Aura


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“Se un tempo nella tua terra / mi porterai non da visitatore / né da straniero o da profanatore / il mio spirito guerriero / vorrà rivivere per morire insieme / al caldo della polvere calpestata / dal tuo destriero”.  Umberto Romano


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Vivono sulla terra e sono buoni,

vi dico, gli angeli custodi del buon seme antico.

Vivono sulla terra e non hanno ali,

volteggiano sulla nera zolla ed amano

restare, su in collina, lontano dalla folla.

Volteggiano minuscoli, d’autunno, tra i solchi,

come da sempre e da sempre disprezzati, cafoni e bifolchi.

Ma da quando il comune sentire cittadino

sta cominciando ad ascoltare il narrare antico e contadino,

pochi alla volta, giovani e ragazze, risalgono i colli

chiamati alla raccolta. Squilla a distesa il canto del gallo

dal Cilento alla Lucania, dalla Alta Brianza, lassù in Lombardia

richiama alla terra, richiama alle cascine,

richiama alle vendemmie, richiama a far fascine.

Vino e ramaglie ci riscalderanno un poco,

nel cerchio del camino, attorno al fuoco.

Angeli custodi del buon seme antico,

angeli, chiamati dai nostri cari morti, io vi dico,

chiamati a rinnovare in forme nuove il rito.

Raccolta, semina, raccolta e mietitura ancora,

semina e raccolta e mietitura finchè giunga certezza di vita

sana, lunga e duratura.

Ci hanno chiamato , io lo sento, gli avi, ci hanno chiamato,

come tu, madre, mi insegnavi, perchè i nostri cari

sono in mezzo a noi insieme, insieme e ci hanno suscitato

la struggente, irrinunciabile nostalgia del seme.

E noi abbiamo cercato i grani dai nomi belli,

i nomi per bambini, grani janculella, grani caroselli,

tanti nomi da imparare a filastrocca,

i grani che a giugno saranno farina per la nostra bocca.

Angeli custodi della buona semente,

angeli lucani, angeli del Cilento, angeli brianzoli,

angeli del Salento, angeli senz’ali ma angeli di verità,

angeli di saggezza , di biodiversità.

Angeli, angeli e buoni seminatori, angeli custodi del nostro futuro,

angeli della terra nera e silente, vegli su di voi la Vergine dormiente.

Veglino su di voi la Madre Cerere e Proserpina, la Figlia.

Veglino sugli angeli, su tutti i loro semi, sui loro animali e su tutta la famiglia .

Vengano a trovarvi, vengano a benedirvi, gli uomini di pace,

gli uomini di luce. Si faccia, io invoco, tutta l’Umanità

contadina un poco e sul balcone come su in collina,

pianti e raccolga basilico ed erba cipollina.

Vengano su in estate alla grande festa, il Palio del grano

che voi preparate e vengano a vedere, vengano a ballare,

vengano, in tanti da Napoli e Salerno,

vengano e capiscano il senso della semina e raccolta,

questo gioco eterno. Questo gioco che Demoni vorrebbero

troncare, spargendo bio-gramigna cattiva da mangiare,

bio-tecno-gramigna buona solamente a guadagnare

cancro, sterilità e miseria a chi si azzarda a coltivare

Ogm ed ibridi sterili, zizzania insalutare.

Angeli, angeli custodi del buon seme antico,

io vi voglio bene e vi predico che se forte sarà la mente,

chiara e pensierosa e limpidamente,

essi non passeranno e trionferà, sparsa per la campagna

la nostra semente. Un abbraccio e come un aratro,

io mi faccio paziente bue e qui, sulla bianca pagina,

al Palio del Grano

un arrivederci in Cilento, io traccio.


Teodoro Margarita


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A Madre Terra


Madre, cosa posseggo io


Che possa chiamare mio?


Il mio corpo sei tu.


La mia mente sei tu.


La mia anima sei tu.


Perché dunque ti prendi gioco di me


Illudendomi che siamo separati?


Paolo D'Arpini


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Questi che seguono sono  pensieri espressi da vari bioregionalisti durante alcuni incontri della Rete Bioregionale Italiana:


“E’ buona norma, nell’approccio bioregionale, prima di tutto tentare di conoscere l’ambito in cui si vive, delimitandolo attraverso lo studio geomorfologico del territorio, della flora e della fauna. La bioregione è un’area omogenea definita dall’interconnessione dei sistemi naturali e dai viventi che le abitano. Una bioregione è un insieme di relazioni in cui gli umani sono chiamati a vivere e agire come parte della più ampia comunità naturale che ne definisce la vita. L’idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il proprio ruolo all’interno della più ampia comunità di viventi e nell’agire come parte e non a parte di essa, corregendo i comportamenti indotti dall’affermarsi di un sistema economico e politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura e sta devastando, ad un tempo, la natura stessa e l’essere umano”


“L’attuazione bioregionale in chiave politica. Il Bioregionalismo ha due obiettivi: recuperare e tutelare al massimo l’ambiente naturale; ridisegnare nuovi confini delle regioni, tenendo finalmente conto delle loro caratteristiche etniche, ambientali, linguistiche, sociali e produttive. Il tutto in una visione della Stato che ”invece di amministrare se stesso, attraverso la sola tutela della burocrazia, (tra le più arretrate del mondo), si occupi finalmente e seriamente dei grandi problemi nazionali e della tutela dei cittadini”


“..l’immagine che si vuole evocare con la parola “bioregionalismo” un neologismo usato dallo stesso Peter Berg. Diciamo che il “bioregionalismo” contraddistingue un modo di pensare che muove dall’esigenza profonda di riallacciare un rapporto sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire -riabitandolo- il luogo in cui viviamo. Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura – spiritus loci) distinguibile dai campi vicini solo per l’intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l’uno all’altro…”


“Riconoscendo l’esistenza delle diverse realtà delle nostre quotidianità siamo in grado di coglierne la ricchezza e l’unicità, conservandone la memoria quale eredità culturale. Possiamo in tal modo cogliere l’anima del luogo dove abitiamo, ove mente e corpo si fondono in un atto profondo d’amore e di gratitudine verso questa terra che ci ha donato la vita, la quale racchiude le leggi cosmiche. Difenderla implica tutto questo, nella piena consapevolezza che esiste un’altra realtà molto insidiosa, quella della perdita delle identità, della distruzione delle culture con i loro paesaggi uniformi, prossimi ai deserti..”


“L’esperienza degli orti e dell’agricoltura urbana, seppur con qualche anno di ritardo, si sta diffondendo molto velocemente anche in Italia. Se esistesse una mappatura, vedremmo migliaia di puntini disegnati sulla cartina dell’Italia: gruppi auto-organizzati, orti didattici, orti sul balcone, aiuole coltivati a lattuga, orti sinergici. Tra tangenziali, cavalcavia, ponti, semafori, autostrade, ecco apparire qua e là un orto in tutta la sua bellezza”


“…non si può fare a meno della biodiversità, ovvero i sistemi naturali che sostengono la sopravvivenza di noi tutti. Osserviamo che ovunque avanza la desertificazione (non soltanto siccità bensì perdita dell’humus in seguito al dilavamento dei terreni di superficie), la deforestazione, l’utilizzo improprio dei terreni per produzione elettrica, l’impoverimento dei suoli dovuti a monoculture, la modifica dell’ambiente e, in generale, la dispersione del patrimonio biologico delle specie animali e vegetali, tutti aspetti che dederminano una perdita economica considerevole anche nell´economia…. L’unico “sviluppo” che consente la vita della biosfera è un processo completamente non-materiale, qualcosa che significhi l’evolversi di cultura, arte, spiritualità”


“Il nostro è un lavoro di chi ama osservare l’inverno che finisce e la primavera che avanza, sentire tamburrellare il picchio, sentire l’improvviso fruscìo degli stormi di fringuelli sopra la testa come l’ala di un angelo. Quale calcolo economico possiamo fare di questo lavoro, che faccia rientrare anche la sensazione di essere lambiti da un’ala di angelo? Ho cercato di dare un esempio piccolo e concreto di un modo di lavorare che abbia cura della terra e degli altri esseri perché vorrei fare una domanda. E’ concepibile un’amministrazione politica -di qualunque livello organizzativo- che legifera attorno a questa modo di lavorare slow?”


“Il mondo è un grande laboratorio bioregionale. Forse non abbiamo bisogno di ricorrere alla Storia che con le interpretazioni di chi riporta, narra, commenta, fatti e comportamenti umani, non ci fa vivere o rivivere esperienze aderenti alla realtà dei tempi. Forse ci dobbiamo rivolgere a quel grande laboratorio che è il mondo oggi. Di fatto, in questo momento possiamo entrare nella storia, possiamo guardare a tutte quelle popolazioni presenti oggi nel mondo, che sono rappresentative di realtà che vanno da uno stato che non si discosta molto da quello primordiale a quello che rappresenta lo stato più avanzato della tecnologia. Questo gioco della natura ci consente un’osservazione diretta di sistemi di aggregazione sociale, culturale ed economica, di interpretarli e di cercare di capire che fare per superare le vecchie e le nuove miserie e di essere attori entusiasti nel progetto di costruzione di un mondo equo, solidale, felice, e quindi con un futuro”


"PREPARIAMOCI a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza e forse più felicità. Non ci sono mai state tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva. Stop a dibattiti fra politici disinformati o in conflitto d’interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se ci arrangiamo da soli sarà troppo poco, ma se lavoriamo insieme possiamo davvero cambiare."


“Ci vuole uno scossone intellettuale ed amorevole nella nostra attitudine, occorre avviare un bio-ragionamento all’interno delle istituzioni . Dobbiamo entrare nelle maglie profonde del pensiero umano e del contesto sociale in cui viviamo ed ottemperare al dovere di manifestare il “bioregionalismo”, “l’ecologia profonda” e la “spiritualità laica” in questa società, sia urbana che rurale, tecnologica e semplicistica, complessa e facile, insomma serve uno scatto di reni e di cervello…!”


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Poesie  e storie in sintonia con il sentire bioregionale


Accettati adesso

o continuerai a giustificarti come un bimbo.

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare

e che nessuno è così terribile per cedere.

Non dimenticare

che la causa del tuo presente è il tuo passato,

come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.

Apprendi dagli audaci,

dai forti

da chi non accetta compromessi,

da chi vivrà malgrado tutto

pensa meno ai tuoi problemi

e più al tuo lavoro.

I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.

Impara a nascere dal dolore

e ad essere più grande, che è

il più grande degli ostacoli.

Guarda te stesso allo specchio

e sarai libero e forte

e finirai di essere una marionetta delle circostanze,

perché tu stesso sei il tuo destino.

Alzati e guarda il sole nelle mattine

e respira la luce dell’alba.

Tu sei la parte della forza della tua vita.

Adesso svegliati, combatti, cammina,

deciditi e trionferai nella vita;

Non pensare mai al destino,

perché il destino

è il pretesto dei falliti.


Pablo Neruda


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Ungan chiese a Dogo, “Come fa il Bodhisattva Kanzeon (Avalokiteswara) ad usare tutte quelle mani e tutti quegli occhi?”

Dogo rispose, “E’ come un uomo che nel mezzo della notte si sistema il cuscino dietro alla sua testa”.

Ungan disse, “Capisco.”

Dogo disse, “Come lo capisci?”

Ungan disse, “Tutto il suo corpo è mani ed occhi.”

… Dogo disse, “Ciò è molto ben espresso, ma è soltanto otto-decimi della risposta”.

Ungan disse, “E tu come lo diresti, Fratello Anziano?”

Dogo disse, “In tutto il corpo, solo mani ed occhi!”


(Hekigan Roku: Caso 89)


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“Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo.    Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti  ed  inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.”  (Ramana Maharshi)


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“Dunque l’intelligenza è comune agli animali ed agli uomini. Certo per aspetto e per i suoni che emettono, gli animali differiscono dall’uomo, ma non esistono altresì dei mezzi per poter intendersi con loro? Non v’è cosa che i saggi non conoscano od a cui non giungano: perciò essi riuscirono ad attirare a sé e ammansire gli animali. Che l’intelligenza degli animali sia uguale a quella degli uomini, che essi egualmente desiderino vivere è cosa da tutti conosciuta. Nella più remota antichità gli animali vissero insieme agli uomini. Quando questi si crearono imperatori e re, quelli cominciarono ad impaurirsi e si allontanarono”.

(Lieh-tze) 


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Una fredda notte, seduto nella mia vuota stanza, piena del solo fumo d’incenso, fuori un canneto di bambù con cento piante. Sul letto diversi volumi di poesia. La luna brilla dietro il vetro della finestra e l’intero circondario è silente, salvo per il rumore degli insetti. Guardando alla scena, un’emozione senza limiti, ma nemmeno una parola.

Ryokan


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Passeggiando nel bosco ho sentito, come spesso sento, che nulla può accadermi nella vita….. né disgrazia né calamità alla quale la natura non possa offrire una dolce consolazione…

Ralph Waldo Emerson


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IL CANTO DEL SAMURAI


Non ho genitori: ho fatto del Cielo e della Terra i miei genitori.


Non ho casa: ho fatto dell’accuratezza la mia casa.


Non ho vita né morte: ho fatto dei flussi del respiro la mia vita e la mia morte.


Non ho poteri divini: ho fatto dell’onestà il mio potere divino.


Non ho intermediari: ho fatto della comprensione il mio intermediario.


Non ho segreti magici: ho fatto del carattere il mio segreto magico.


Non ho corpo: ho fatto della sopportazione il mio corpo.


Non ho occhi: ho fatto dei lampi di luce i miei occhi.


Non ho orecchie: ho fatto della sensibilità le mie orecchie.


Non ho arti: ho fatto della prontezza i miei arti.


Non ho strategia: ho fatto della liberazione dall’offuscamento la mia strategia.


Non ho progetti: ho fatto dell’afferrare al volo l’opportunità il mio progetto.


Non ho miracoli: ho fatto della giusta azione il mio miracolo.


Non ho principi: ho fatto dell’adattabilità a tutte le circostanze il mio principio.


Non ho tattiche: ho fatto della pienezza e della vacuità le mie tattiche.


Non ho talenti: ho fatto dell’attenzione il mio talento.


Non ho amici: ho fatto della mia mente il mio amico.


Non ho nemici: ho fatto dell’indifferenza il mio nemico.


Non ho armatura: ho fatto della benevolenza e della rettitudine la mia armatura.


Non ho castello: ho fatto della coscienza inamovibile il mio castello.


Non ho spada: ho fatto dell’assenza dell’ego la mia spada.


(Anonimo - Giappone XIV° secolo)



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La dottrina del disprezzo.


Sono nero, giallo, bruno, meticcio, bianco albino.

Sono un ebreo, sono vecchio, malato, bambino.

Sono arabo, sono nato nel Sud, di un’altra religione,

di nessuna religione.

Sono omosessuale, cieco e amo la natura.

Non so chi è mio padre, mia madre forse puttana.

Sono donna, sono povero, sono paria e andicappato.

La mia sedia a rotelle è questa società.


Sono un indiano, e sono meno di te e son strano, diverso.

La mia squadra di calcio non è la tua. Peccato.

Porto i capelli fuori moda e vestiti rattoppati.

Sono un animale, una pianta e rispetto la natura.

Sono tutto questo, sono la maggioranza!

E poi sono razzista, ma solo con i razzisti!


Peter Boom